Non l’ho letto, ma mi piace – Ep. 4

Sì? Un attimo. Un attimo solo.

Allen? “Presente!”
Austen? “Presente!”
Needham? “Presente!”

Enoch celo… Brookner celo… Bene, allora. Se ci sono tutti, si può partire con l’episodio n. 4. Pronti? Via!

Questa settimana cominciamo con il botto. Sì, perché ISBN ha pubblicato appena qualche giorno fa una raccolta delle 300 migliori strisce che il disegnatore (termine decisamente riduttivo, nel caso specifico) americano Stuart Hample (per gli amici Stoo) ha dedicato, dal 1976 al 1984, a trasportare in fumetti l’universo mentale cinico, paranoico e schizoide di un tizio di nome Allan Stewart Königsberg. Che poi è il vero nome di un genio meglio noto come Woody Allen. Cosa attendersi da un volumetto come La vita secondo Woody Allen lo potete sentire direttamente dalla bocca di Hample qui, sul canale Youtube di StrandBookStore: ci penserà lui stesso a spiegarvi cosa volesse dire lavorare a un progetto del genere con il suo protagonista. E lavorarci sodo: perché tra due persone come Allen e Hample (“dubbioso cronico” e “fallimento multimediale”, nelle sue stesse parole), inevitabilmente doveva scattare un colpo di fulmine. Perciò Allen non solo diede il suo consenso all’idea di Stoo, ma volle seguire la realizzazione di ognuna di quelle vignette, regalando aforismi e gag a piene mani, inventandone alcune apposta, decidendo insieme a Hample ogni singolo dettaglio in riunioni settimanali. Il risultato è questo: il ritratto di un genio ad opera di un artista, la rappresentazione dall’interno (in originale era proprio Inside Woody Allen) di un universo mentale che finisce per identificarsi con una vera e propria filosofia di vita, cinica, malinconica, ottimista come solo i disfattisti cronici sanno essere. E poi ci sono i bozzetti. E le interviste. E i backstage. Insomma, se devo aggiungere altro, allora vuol dire che non ve lo meritate.
Stuart Hample
La vita secondo Woody Allen
ISBN, pp. 240, € 29,00
Essendo datato 1790, Jack e Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle di una quindicenne Jane Austen non può definirsi esattamente una novità. Il che, per i più snob di noi, segna già una decina di punti a suo favore: perché in fondo, per come è messo l’orizzonte letterario della nostra povera generazione, è più facile trovare sorprese nel passato che nel presente. E quest’ultimo volumetto della bellissima, bellissima collana Wallpapers di Donzelli, che possiamo leggere per la prima volta in italiano, una sorpresa la è davvero. Se non fosse per la data di composizione, che precede di più di vent’anni l’uscita di Ragione e sentimento, il primo capolavoro della Austen, si potrebbe quasi dire che la scrittrice stia qui già mettendo in parodia i caratteri che popoleranno i suoi romanzi degli anni a venire; io preferisco considerarlo un esperimento della giovane Jane per misurare l’affilatezza delle sue lame prima di cominciare a fare sul serio. Vino (tanto), dadi e balli in maschera sono l’ariete di cui la Austen si serve in questo racconto per assestare, con un sorriso un po’ bastardo, le prime crepe al muro della frivolezza e dei vaneggiamenti degli abitanti di Pammydiddle, villaggio in cui vedove, nobili e ragazzette sospirose passano la giornata a non fare nulla oltre a sbevazzare, spettegolare e dire assurdità. Il tutto condito, in quest’edizione, dalle illustrazioni originali dell’artista inglese Andrea Joseph: e se avete presente la qualità generale delle illustrazioni Donzelli, posso anche fermarmi qui. La scheda la definisce “una Austen esilarante e paradossale come non l’avete mai vista”; dalle premesse, secondo me possiamo aspettarci persino di più.
Jane Austen (con illustrazioni originali di Andrea Joseph)
Jack e Alice. Ozi e vizi a Pammydiddle
Donzelli, pp. 78, € 14,00
L’uomo che amava la Cina di Simon Winchester è la storia di Joseph Needham, biochimico di Cambridge che, nel tempo libero lasciatogli dagli incarichi diplomatici ricoperti in Cina tra il 1943 e il 1946, trova il tempo di scrivere un’enciclopedia di 18 volumi (diciotto) dal titolo Scienza e civiltà in Cina, in cui si rintracciano in Oriente le origini della totalità delle scoperte tecniche e scientifiche — la polvere da sparo e la stampa, il compasso e gli scacchi — destinate a far grande l’Occidente dal XVI secolo in poi, quando, per ragioni non chiare (il cosiddetto “Needham Problem”), la Cina decise di passare la palla del predominio culturale a noi. Sbadiglio? Detta così, sembrerebbe. E invece. E invece la vita di Needham sembra delinearsi come la storia di uno di quegli eroi della scienza, attivi ed eccentrici, di cui negli uffici dei nostri in gran parte superflui ricercatori da tavolino non è rimasta più nemmeno l’ombra. “Nudista ante litteram, danzatore quasi professionale di balli folklorici dell’antica Inghilterra (con l’ausilio delle indispensabili cavigliere), comunista, marito esemplare di una biochimica inglese, Dorothy, e amante entusiasta di una biochimica cinese, Lu Guizhen – ciascuna la migliore amica dell’altra”, Joseph Needham vive la sua esperienza di scienziato come un avventuriero della mente che non disdegna (o non può evitare) di trovarsi talvolta, più spesso del previsto, in mezzo a intrighi, complotti e pallottole volanti. Nell’esplorazione di simili vite straordinarie, in perenne equilibrio sul filo di lana teso tra Occidente e Oriente da un lato e storia e fiction dall’altro, Adelphi non è nuova: personalmente mi aveva già conquistato con L’eremita di Pechino di Hugh Trevor-Roper (1981, oggi quasi introvabile) e Il palazzo della memoria di Matteo Ricci di Jonathan D. Spence (questo trovabilissimo, perché è appena uscito), quindi io ci metto la mano. Oltre ad essere (colpo sicuro) una storia scritta benissimo, consigliato se vi piace la Cina. O se vi piacciono la scienza e le pallottole. O, per gli incontentabili, se vi piacciono i nudisti.
Simon Winchester
L’uomo che amava la Cina
Adelphi, pp. 355, € 30,00
Qui devo mettere subito le mani avanti. Lo farò senza giri di parole; tanto è inutile, verrebbe fuori comunque e sarebbe peggio. Di fumetti, specialmente italiani, non capisco né ho mai capito nulla. Non me ne intendo. Non li leggo perché sono snob e triste. Quando ho qualche curiosità, chiedo all’amico Massimo Barison, che invece li legge, ne capisce e se ne intende (almeno di quelli). Però. Però, come per ogni buona regola, anche in questo caso c’è un’eccezione, e l’eccezione si chiama Luca Enoch, autore di Sprayliz e soprattutto delle serie Gea (che ho avuto modo di scoprire diverse vite fa, appena prima che si concludesse, grazie a un’amica che ancora ringrazio dell’inconsapevole favore) e, ultimamente, Lilith. Opere tutte di grande rigore filologico, notevole concezione di fondo e potente immaginario visivo. E adesso lo stesso Enoch ci accompagna dietro le quinte del suo tavolo da disegno in Luca Enoch. La via del fantasy tra graffiti e viaggi nel tempo, di Alberto Casiraghi, che Coniglio Editore pubblica nella sua collana Lezioni di fumetto e in cui, insieme ad alcune tavole inedite, ci viene mostrato il work-in-progress dell’autore dall’ideazione alla sceneggiatura alla realizzazione compiuta dell’albo (sì, fa tutto lui). Fossi in voi, anzi, mi farei pure un giro qui. Che altro? “Tavole inedite” l’ho già detto?
Alberto Casiraghi
Luca Enoch. La via del fantasy tra graffiti e viaggi nel tempo
Coniglio Editore, pp. 64, € 9,50
Paul Sturgis, il protagonista di Una vita a parte di Anita Brookner, è un settantenne ex-funzionario di banca che conduce la vita più deprimente che sia possibile immaginare: “vive solo in un piccolo, buio appartamento che un tempo gli era parso un pied-à-terre di lusso. Passeggia da solo e mangia da solo, scambiando convenevoli che non peccano mai di invadenza, improntati come sono alla più rigida cortesia, con le anime pie che incrociano di volta in volta la sua strada: l’allegra ragazza australiana che gli taglia i capelli, la padrona della tintoria che gli racconta del nipote, le commesse asiatiche al supermercato”. Vive pensando a Stendhal, che un giorno cadde riverso per strada e morì poco dopo a casa di suo cugino. Insomma, nella scheda del romanzo ce n’è abbastanza per far piangere persino Lord Voldemort. Poi un giorno incontra Victoria Gardner detta Vicky, una bellissima bionda molto più giovane di lui che… Che cosa? Boh, se siete curiosi leggetelo. Io lo sono. Anche perché il talento della Brookner come pittrice di parole già lo conosciamo da Le regole dell’impegno, con cui la scrittrice londinese aveva già messo una bella ipoteca sulla nostra fiducia in tutte le sue nuove prove letterarie. Questo in particolare sembra un romanzo non autocompassionevole (caso raro) sulla redenzione della solitudine, sulla felicità che ti può attraversare la strada anche quando sei abituato a passeggiare da solo, sul fatto che, in fondo, è sempre troppo presto per mettere la parola fine, anche quando parrebbe che non si possa più vedere nulla di fronte a sé se non il riflesso ingrigito di quello che ci siamo lasciati alle spalle. Se vi sembra poco.
Anita Brookner
Una vita a parte
Neri Pozza, pp. 224, € 16,50

One thought on “Non l’ho letto, ma mi piace – Ep. 4

I Commenti sono chiusi.