Wanderful Asia #2 – Turchia

So far, so good.

Lungi da noi azzardare paragoni alti (l’impresa ci affascina, il viaggio altrettanto ma non a tal punto!) abbiamo pensato di dare un’impronta evocativa alle nostre, poche, parole introduttive, per lasciare intonso il senso pratico e schiettamente comunicativo alle parole di Mario e Thomas. Leggendo, quindi, delle loro impressioni non abbiamo potuto fare a meno di ripensare alle parole di Marco Polo in merito ai turchi o, per entrare nello spirito, ai turcomanni. L’effetto (in coda al post di Mario e Thomas segue “quello” di Marco) è contrastante per ovvie ragioni di tempo e modo ma in qualche modo (divertente) l’affinità si coglie.



Secondo quella che sarebbe purtroppo diventata la norma, siamo arrivati alla frontiera turca bagnati fradici e mezzi congelati. Il duty-free era aperto tutta la notte, aveva bagni puliti e soprattutto era caldo e asciutto. Considerato il prezzo assai ragionevole (gratis), abbiamo deciso di passare la notte lì.

Il giorno dopo siamo arrivati ad Istanbul. La città è cresciuta costantemente dalla nostra ultima visita e continua a divorare senza sosta le colline circostanti: quello che ti accoglie oggi è l’anonimo e poco accogliente skyline di una qualsiasi altra (brutta) metropoli. Bisogna sbucciare pazientemente e dolorosamente i mille strati di questa città-cipolla prima di raggiungerne il cuore antico ed iniziare finalmente a respirare.

In centro i trasporti pubblici funzionano perfettamente e il traffico non è più l’incubo di un tempo. Nonostante i nostri sforzi di tenerci alla larga da posti del genere, alla fine abbiamo finito col prendere una stanza proprio nell’enclave ultra-turistica di Sultanhamet: all’alba di ogni giorno truppe aviotrasportate di visitatori arrivavano in ranghi serrati pronti ad occupare ogni singolo metro quadro al grido di “Ma che carino! E quant’è caratteristico!” e il caratteristico era di solito un pachistano che vendeva tappeti cinesi per il suo capo inglese o un caffè il cui proprietario era vestito come se fosse appena arrivato a dorso di mulo e non, come era il caso, con la Porsche parcheggiata nel retro. Alla fine, qualche posto piacevole lo abbiamo trovato ma ci porteremo questo segreto nella tomba.

Per qualche motivo comunque, la città non ci ha ispirato molto…

Wanderful AsiaQuattro giorni (e un anno) dopo abbiamo lasciato la città. Il 2011 era ormai arrivato e con lui un improvviso senso di responsabilità. Ne abbiamo approfittato per prendere alcune decisioni irrevocabili: partire la mattina presto e non far tardi la sera. Erano le 2 di notte. Intorno a mezzogiorno del giorno dopo ho ripreso Thomas mentre usciva da Istanbul dal ponte di Galata ed entrava finalmente in Asia.

Un paio di giorni dopo, sullo stretto dei Dardanelli, abbiamo scattato queste foto.

Nei giorni seguenti un’impellente e inspiegabile sete di conoscenza ci ha spinto a visitare Troia, Pergamo, Efeso e le rovine di un tempio dove un antico greco sorprendentemente ben conservato ci ha spiegato che quello non era un tempio ma casa sua e che lui non era un antico greco ma un pastore turco e anche piuttosto incazzato.

E poi ci siamo rimessi in viaggio.

(09 gennaio 2010)


Qui divisa de la provincia di Turcomannia.

In Turcomannia è tre generazione di genti. L’una gente sono turcomanni e adorano Malcometto; e sono semplice genti e ànno sozzo linguaggio. E’ stanno in montagne e ‘n valle e vivono di bestiame; e ànno cavagli e muli grandi e di grande valore. E gli altri sono armini e greci che dimorano in ville e in castella, e viveno di mercatantia e d’arti. E quivi si fanno li sovrani tappeti del mondo ed i piú begli; fannovisi lavori di seta e di tutti colori. Altre cose v’a che non vi conto. Elli sono al Tartero del Levante.
Or ci partiremo di qui e anderemo a la Grande Arminia.
[Il Milione, XX]