A Chicago va di moda il britpop

Di questi tempi in cui si rivisita a piene mani la scena californiana tra i ’50 e i ’60 c’è una band che, in qualche modo, si allontana dalla mischia e va esplicitamente ad attingere in Europa e, precisamente, in Inghilterra. Questo sarà l’anno in cui si segnerà il ritorno del rock anni ’90, dice qualcuno. Molti pensavano al grunge ma bisogna subito ricredersi: si inizia da sonorità più facili, quelle del britpop appunto.

Questa band, sfacciatamente giovane, risponde al nome di Smith Westerns ed è originaria di Chicago. Li avevamo incontrati già un anno e mezzo fa quando si erano fatti un discreto nome con il loro autoprodotto disco d’esordio (s/t, Hozac Records, 2009). Ora, invece, sono andati a registrare in uno studio vero, con un produttore vero e una signora etichetta discografica (la ottima Fat Possum, quella di Dinosaur Jr, The Walkmen e Adam Green giusto per fare alcuni nomi). E la differenza infatti si sente. Se nel primo disco le atmosfere erano in principal modo lo-fi, ispirate al garage e alla psichedelia nonché al glam di T-Rex e Bowie, questo nuovo lavoro, Dye it Blonde, si caratterizza per una ritrovata dimensione della melodia, che, insieme al suono fuzzy della chitarra, crea un mix sorprendente e rarefatto, quasi, mi azzardo a dire, nuovo.

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Smith Westerns ‘Weekend’ from Spunk Records on Vimeo.

Già dal brano d’apertura, Weekend, si capisce che qualcosa è cambiato nel suono del trio di Chicago. Si parte con una tastiera dreamy in sottofondo, ma subito la palla passa alla chitarra che con un riff semplice e incalzante (il ritorno al riff è un’altra caratteristica fondamentale di questo disco) introduce la cristallina melodia vocale ispirata, come detto, alla grande tradizione inglese: da John Lennon, subito riconoscibile, agli Oasis passando per i Supergrass e la buona vecchia psichedelia.

Ma mica finisce qui, il disco continua e si mantiene su livelli più che buoni: Still new, Imagine pt 3 (chiaro omaggio al nume tutelare), la decadente All die Young, con i suoi cori angelici, la beatlesiana (periodo Revolver) Fallen in Love fino a End of the night la cui apertura, lasciatemelo dire senza impasse, ricorda i gloriosi Hellacopter e il loro rock’n’roll svedese. E poi ancora la psichedelia di Only One e l’eterea bellezza di Smile a chiudere. Sì, perché le ultime due tracce, Dance Away (il cui riferimento è esplicitamente la roba inglese più hype e danzereccia) e Dye the world, sono forse quelle più fiacche del disco e che peggio si inseriscono in una scaletta di buon livello.

Alla fine, dopo tanta dolcezza, lascia un po’ l’amaro in bocca questo LP. È che forse ci saremmo aspettati un finale più pomposo, più in tema con le sonorità generali. È anche vero però che quest’opera segna un cambiamento stilistico netto rispetto al passato e va apprezzata la ricerca sonora che il trio sta portando avanti. Forse non sono ancora giunti a casa, alla fine sono giovani e ai giovani, si sa, si perdona tutto.

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Smith Westerns – “All Die Young” by forcefieldpr