Speciale #Oscar2012

I nuovi Oscar 2012 confermano le attese e si volgono al passato: con The Artist e Hugo Cabret, infatti, il cinema celebra se stesso.

The Artist vince cinque statuette: miglior film, regia (Michel Hazanavicius), attore protagonista (Jean Dujardin), colonna sonora e costumi. Il film francese che fa rivivere la magia del muto – parlando solo con le immagini – supera la barriera della lingua, che quasi sempre penalizza i film non anglo-americani, e si aggiudica i riconoscimenti principali. Cinque oscar anche per Hugo Cabret di Martin Scorsese, che adotta il 3D per ricreare la Parigi di Georges Méliès, concentrati però nelle categorie più tecniche: effetti speciali, fotografia, sonoro, montaggio sonoro e – unica menzione per l’Italia – l’oscar per la scenografia a Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Per il grande scenografo italiano, che ha lavorato,  tra gli altri, con Pasolini, Ferreri e Fellini – prima di instaurare un lungo sodalizio con Scorsese – si trattava della decima nomination e della terza statuetta dopo The Aviator (2005) e Sweeney Todd (2008) di Tim Burton.

Terzo oscar, ma diciassettesima nomination, anche per Meryl Streep, miglior attrice protagonista nelle vesti di Margaret Thatcher in The Iron Lady. Migliori attori non protagonisti: il veterano Christopher Plummer per Beginners (ancora inedito in Italia) e Octavia Spencer per The Help, un dramma al femminile sulla segregazione razziale negli anni sessanta. Gli Oscar per la sceneggiatura originale e non originale vanno rispettivamente ad Alexander Payne (Paradiso amaro) e Woody Allen (Midnight in Paris), i grandi sconfitti della serata, che restano a mani vuote nelle altre categorie. Si riconfermano invece per il montaggio Kirk Baxter e Angus Wall: dopo la statuetta per The Social Network arriva quella per The Girl with the Dragon Tatoo (Millennium), sempre di David Fincher.

Una separazione di Asghar Farhadi è invece il primo film iraniano a vincere l’oscar come miglior film straniero, e non sembra secondario il significato politico del premio, viste le continue tensioni tra Stati Uniti e Iran. Insolita, ma quanto mai opportuna, la scelta di dare l’oscar alla carriera a Douglas Trumbull, mago degli effetti speciali pre-computer grafica, al quale si deve la resa visiva di pellicole come 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick, Blade Runner di Ridley Scott, fino ad arrivare a The Tree of Life di Terrence Malick. Strameritata, infine, la statuetta a Rango, di Gore Verbinski per i film d’animazione, mentre lascia qualche perplessità la vittoria di Undefeated di Martin, Lindsay e Middlemas, incentrato su Sarah Palin e il Tea party, che ha battuto Pina di Wim Wenders, girato in 3D e dedicato alla coreografa tedesca Pina Bausch, l’autrice più rappresentativa del teatro-danza (Tanztheater). E chiudiamo sulle note spensierate/esistenziali di Man or Muppet, di Bret McKenzie, che ha vinto l’oscar per la miglior canzone.

Al Kodak Theatre di Los Angeles cala il sipario, ci rivediamo l’anno prossimo.