Rumba senza bisogno di pietà: Staff Benda Bilili, dal Congo dritti al cuore

La poliomielite è una malattia di cui abbiamo praticamente perso memoria in Europa, ma in Africa (dove mancano i vaccini e le diagnosi precoci) colpisce ancora milioni di bambini, rendendoli disabili. La vita sulla sedia a rotelle – si capisce – non è facile per nessuno, ma nelle strade di Kinshasa, la capitale del Congo, l’immenso “cuore di tenebra” dell’Africa nera, tutto diventa più complicato e al tempo stesso più paradossale, più assurdo. In Africa i “tricicli” degli handicappati sono un elemento comune del paesaggio urbano, assieme ai motorini con intere famiglie sopra, le biciclette cariche di mercanzie, le donne con i cesti sulla testa, i bambini di strada e molta e varia altra umanità.

Sembra che tutto sia cominciato sul battello che collega Brazzaville e Kinshasa, sulle due sponde del fiume Congo, proprio da un incontro fra tricicli: quello di Papa Lickabu, fondatore e anima di Staff Benda Bilili, e quello di Coco Ngambali, chitarrista e compositore. Siccome nessuna band di “normodotati” (ma come si fa a inventare una parola così brutta?) era disposta a lavorare con loro, i due musicisti si sono risolti a fare l’unica cosa sensata: mettersi insieme e creare un nuovo gruppo. Altri compagni del centro per disabili si sono uniti all’avventura, e lo stesso ha fatto un primo ragazzino di strada (si chiamano shegué e sono orfani senza un posto dove tornare, spesso ex bambini soldato), Roger Landu determinato a suonare con loro il satongué, uno strumento inventato da lui fatto con una scatola di tonno, un pezzo di legno e un’unica corda di chitarra.

Il gruppo prova nello zoo abbandonato di Kinshasa e cerca di suonare nelle zone frequentate da stranieri, che si commuovono più facilmente e hanno sempre più soldi in tasca del congolese medio; la strategia funziona al di là di ogni aspettativa…

Vincent Kenis, un produttore belga specializzato in musica congolese, li nota per strada e decide di promuoverli; li aiuta a registrare dal vivo, nello stesso zoo, il loro primo album, Très très fort, uscito nel 2009 e diventato immediatamente culto, prima su internet – dove sono innumerevoli i siti, le pagine, i blog e i video dedicati a Staff Benda Bilili – e poi grazie a un tour europeo ancora in corso, per festival (sono stati salutati come la rivelazione dell’edizione 2010 del belga Couleur Café) e sale concerti.

Nel 2010 Staff Benda Bilili diventa anche un lungometraggio, acclamato a Cannes in apertura della Quinzaine des Réalisateurs. Curato da Renaud Barret e Floren de La Tullaye, che li seguono dai loro inizi, il film documenta questa storia veramente incredibile di musica e riscatto, caparbietà e successo, con una panoramica affascinante e discreta su quell’universo così vicino così lontano che è l’Africa, dove in molti villaggi la radio (un’unica radio) è ancora il principale mezzo di diffusione delle informazioni e una canzone popolare – un tube, in francese africano – può fare la differenza nel convincere le persone a raggiungere un centro di vaccinazione (Polio) o andare a votare (Allez tous voter, allez vous faire enregistrer).

http://player.soundcloud.com/player.swf?url=http%3A%2F%2Fapi.soundcloud.com%2Ftracks%2F14553571 Staff Benda Bilili Moto Moindo by MupaBudapest

Il sound di Staff Benda Bilili condivide la radice rumba della maggior parte della musica congolese “vecchia scuola” (quella dei musicisti con borsalino, completo bianco e scarpe con le ghette), sapientemente abbinata a jazz, reggae e R&B, con qualche concessione alla chitarra o al satongué elettrificati. Il gruppo “tiene il palco” come solo i musicisti di strada sanno fare: ballando – fuor di metafora! – con le stampelle e le sedie a rotelle, travolgendo il pubblico e risucchiandolo facilissimamente nelle strade del vecchio “Congo belga”, poi Zaire, oggi RDC.

Un paese grande da solo quanto tutta l’Europa occidentale, campione negli anni Sessanta, con Patrice Lumumba, dell’indipendenza negoziata e pacifica, poi immerso per più di trent’anni nel delirio nazionalista e cleptocratico del regime di Mobutu, scosso negli anni Novanta dagli sconfinamenti dell’etnicismo selvaggio del vicino Ruanda e devastato ancora oggi da violenza e estrema povertà. E nonostante tutto – è proprio il caso di dirlo – il Congo ci regala ancora di che sperare e sognare: con gli occhi bene aperti e très très fort …

Mentre i vari club di cosiddetti “Grandi della Terra” (la G di G8 o G20 sta davvero per great) spendono ogni anno milioni e milioni per riunirsi e rinnovare promesse mai mantenute su sviluppo, cooperazione e solidarietà, speriamo che l’Africa, invece, cominci a farcela da sola. Come i sorprendenti sognatori di Staff Benda Bilili; che si traduce, più o meno, “al di là delle apparenze”.

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