La quiete dopo la tempesta

Il nuovo album degli Antlers era tra le uscite che più aspettavo quest’anno. Il loro precedente lavoro, Hospice, mi era molto piaciuto e per mesi e mesi (fino ad arrivare a oggi) ha albergato nel mio lettore per la sua carica emotiva e la capacità con cui riusciva a comunicarmi certe sensazioni. Archiviata dunque la tristissima fatica (si trattava di uno struggente concept album su un morboso rapporto amoroso raccontato attraverso l’analogia infermiere/paziente terminale – potete immaginarne dunque l’allegria) il trio di Brooklyn capitanato da Peter Silberman si è concentrato nella stesura del nuovo album. Ecco dunque che a distanza di pochi anni viene fuori Burst Apart anch’esso, a mio avviso, con una splendida copertina disegnata dal bravo Zan Goodman.

Ad un primo ascolto il disco mi era sembrato molto meno incisivo del primo: le canzoni spingono di meno e si adagiano intorno a loop scarni e ripetuti, alcuni pezzi si tingono di soul e le atmosfere si fanno rarefatte. Le violente esplosioni di Sylvia o i cambi di passo di Bear sembrano lontani, alla tempesta una certe quiete di fondo pare aver ceduto il passo. E questa quiete, questo mare calmo, pezzo dopo pezzo, ascolto dopo ascolto conquista forse in maniera ancora più decisa di quanto aveva fatto Hospice. C’è da dire che gli Antlers e Silberman in particolare, autore di tutte le canzoni, lavorano su melodie che sono molto simili tra di loro: Every night my teeth are falling out, Corsicana e Putting the dog to sleep si concentrano su evoluzioni vocali molto simili a quelle di Hospice (soprattutto l’ultima citata che assomiglia a una Sylvia dilatata e stirata). Tutto questo però non restituisce un’idea di non originalità, ma piuttosto sembra che alla band di Brooklyn piaccia esplorare e scardinare una melodia fino a trovarne ogni recondita sfumatura: aprirla per vedere quante combinazioni diverse possano venir fuori da uno stesso giro di accordi o da uno stesso pattern di note. E se nel primo disco questo elemento era più evidente per alcuni incisi che venivano ripetuti all’interno di canzoni diverse, in Burst Apart invece vi è un gioco di vedo non vedo (sento non sento) che trasporta l’album a un livello di composizione probabilmente più alto.

Dopo un tot di ascolti la prima impressione che viene in mente è che Burst Apart sia stato concepito e scritto come una colonna sonora (è forse troppo azzardare la citazione di Band à part di Godard, se non altro solo per assonanza?). La produzione apparentemente scarna e i suoni soffusi e ripetuti rimandano a scenari da film e le melodie, sempre molto emozionali, paiono scritte proprio per delle scene. E così l’album diventa una sorta di soundtrack personale, da adattare ai vari momenti della giornata o a determinate stagioni della propria vita. Ne sono diretto esempio, secondo me, pezzi come No Widows, Rolled Togheter, Tiptoe e Hounds. Mentre gli altri brani, quelli che più di tutti aderiscono alla forma canzone si stagliano scintillanti all’interno dell’album. I due pezzi d’apertura I don’t want love e French Exit rappresentano rispettivamente il vecchio e il nuovo degli Antlers: la seconda in particolare, nel suo ricercato arpeggio stoppato, sembra indicare la nuova strada intrapresa dalla band. Parentheses ci riporta alla psichedelia mentre l’energica Every Night My Theet Are Falling Out ci trascina nei territori delle rock ballad. La doppietta finale invece  restituisce gli Antlers che sanno pugnalare mortalmente al cuore: la romanticissima Corsicana, con la sua storia tragica di una famiglia morta a causa di un incendio (anche la semplicità delle liriche è toccante – una composizione pressoché perfetta), e la struggente Putting the dog to sleep, che esplora le paure di rimanere soli,  chiudono l’ottimo disco in un crescendo di emozioni. La voce di Silberman che modula con eleganza falsetto e squillanti toni alti ci regala un epilogo denso, pieno e avvolgente. Ancora una volta gli Antlers sono riusciti a colpire nel segno confermandosi tra le band più interessanti e originali della scena contemporanea. Non ci resta che vederli dal vivo dunque, sperando che qualcuno riesca a portarli dalle nostre parti.