The Loop (part I)

Cosa sarebbe stata la Thailandia l’abbiamo capito per la prima volta sul volo da Kolkata a Bankok. Impeccabile. Difficile immaginare un cambio più radicale dell’entrare in Thailandia dall’India. Laddove erano sguardi annoiati ora ci sono sorrisi. Dove era chiasso, ora c’è silenzio. Tutto ciò per cui abbiamo faticosamente lottato, qui ci viene gentilmente offerto. A pagamento, ok, ma insomma.

Dobbiamo ammettere comunque di non aver fatto i nostri compiti. Mentre pianificavamo questo viaggio abbiamo constamente lasciato il Sud Est Asiatico in un angolo, non abbiamo letto granchè in proposito e i tre mesi previsti li abbiamo considerati una specie di vacanza nella vacanza, un lungo periodo di relax aperto alle sorprese. E le sorprese non si sono fatte aspettare.

Per prima cosa, abbiamo scoperto che Bangkok non è il mercato galleggiante che avevamo in mente, ma un città super-moderna e frenetica dove tutto cambia nel giro di minuti. Gli edifici vengono edificati, i ponti gettati e i centri commerciali spremuti. Cose che avvengono in tutto il mondo in effetti, ma qui si ha l’impressione che tutto rientri in una complessa e vibrante armonia. Bangkok è il luogo in cui il cemento sembra meno grigio e l’acciaio meno freddo. Anziché starsene impettiti e austeri, i grattacieli si inchinano ai passanti, tollerando divertiti la miriade di banchetti di cibo unti e puzzolenti che si affollano intorno ai loro lucidi e sfavillanti piedi di cristallo.

In una buona foto il contrasto è tutto e Bangkok rappresenta un’immagine perfetta: linee eleganti, colori brillanti, grandi quantità di dettagli nell’ombra. I Thailandesi guidano le Toyota, parlano con l’iPhone e scattano con le Nikon eppure ancora mangiano e ridono nelle strade, seduti su piccoli ed economici sgabelli di plastica o camminando lentamente tra gli stretti vicoli degli onnipresenti mercati notturni. E se l’ombra con cui si riparano è proiettata dal pilastro della ferrovia sopraelevata piuttosto che da un albero della gomma non importa. L’ombra è ombra, dopotutto.

Dopo un tentativo fallito di raggiungere le isole merifionali (“la peggiore alluvione degli ultimi trent’anni”, hanno detto i giornali), abbiamo lasciato Bangkok diretti a Nord, facendoci lentamente strada fino a Chiang Mai.

Lungo la strada, abbiamo scattato queste:

Una volta a Chiang Mai, ci siamo resi conto di essere nel posto giusto al momento giusto. La città, normalmente un luogo di secondaria importanza alle falde delle montagne che separano Burma dalla Thailandia, si stava preparando a celebrare Songkran, e alla grande per giunta. Si sono susseguiti quattro giorni di inarrestabile festa/acqua/festa/acqua/festa, e anche se la birra era quasi più pervasiva dell’acqua, lo spirito della festa è rimasto quello tipico thailandese: gente sorridente, nessuna rissa, tutto divertimento.

Alcune foto:

Essendoci persi il mare, non potevamo fallire con le montagne. Abbiamo noleggiato quegli incredibili ciclomotori che usano i Thailandesi e abbiamo passato cinque giorni tentando in tutti i modi di distruggerli sui più sassosi, stretti e ripidi sentieri che potessimo trovare. Niente da fare. Hanno macinato felicemente miglia e miglia e se ci sono posti in cui non siamo passati (e ce ne sono stati), beh… scelta nostra, non colpa loro.

Non abbiamo fatto molte foto (eravamo troppo impeganti a divertirci). Quelle scattate le trovate sul blog di Mario e Thomas.