Fuga dall’asilo nido

Quando agli inizi degli anni novanta comparvero i primi cortometraggi firmati da un giovane John Lasseter e dal suo affiatato gruppo di collaboratori, non molti erano pronti a scommettere che, in breve tempo, la Pixar Animation Studios sarebbe stata considerata non solo la migliore factory di storie animate, ma che avrebbe addirittura conquistato un posto di rilievo nell’intero panorama cinematografico contemporaneo.
I paragoni con il gruppo Diseny degli anni ’30, ’40 e ’50 non sono fuori luogo, e se Biancaneve viene oggi considerato un classico imprescindibile alla stregua di Luci della Città o de La finestra sul cortile, il primo lungometraggio della Pixar, Toy Story, è stato scelto dalla National Film Registry per la conservazione presso la Biblioteca del Congresso americano.

Il matrimonio (d’interesse e non d’amore, ovviamente) tra la Pixar e la moderna Disney (pallido e triste riflesso di quella che fu), quindi, non ha scandalizzato nessuno e, a dire il vero, ad averci guadagnato di più sembra sia stato proprio il vecchio colosso. La Disney, infatti, ha offerto alla Pixar la sua distribuzione capillare, delle pellicole ma soprattutto del merchandising, mentre la Pixar ha semplicemente smesso di imbarazzare la Disney odierna che, ai capolavori della giovane rivale, poteva opporre solo pessimi e insulsi cartoni, insignificanti tanto dal punto di vista grafico quanto da quello narrativo.

Molti sostengono che il motivo del successo della Pixar Animation Studios stia nella capacità – rarissima – di sperimentare e sfruttare, sempre con ottimi risultati, le ultimissime novità tecnologiche, ma senza dimenticare mai che la tecnica è solo un mezzo a servizio della storia. E su questo concordiamo pienamente. Ma, a nostro parere, un’altra componente della fortuna della Pixar può essere scoperta ascoltando qualche intervista o curiosando tra gli extra delle edizioni DVD: John Lasseter e i suoi si divertono enormemente a fare il loro lavoro! Questo, ovviamente, non gli impedisce di farlo bene, al contrario: la loro passione traspare dalla cura con cui i prodotti sono realizzati. Avete mai visto lo studio di Lasseter? Vi assicuriamo che, dopo averlo fatto, sarete assolutamente convinti che Lasseter non solo è in grado di raccontare storie che hanno dei giocattoli per protagonisti, ma, che, probabilmente, non butterebbe mai nella spazzatura un singolo pupazzetto. Piuttosto prenderebbe in affitto un ufficio più grande per ospitare tutti i suoi «amici».

Ed è proprio all’insegna delle toy stories, arrivate alla loro terza puntata, che la Pixar torna al cinema con quest’uscita estiva, rompendo il tradizionale deserto delle sale a luglio e agosto.
Cosa è successo, nel frattempo, a Woody, Buzz e ai loro compagni? Andy, il loro padroncino umano, è diventato grande, e sta per andare al college. Che ne sarà dei suoi giocattoli preferiti? La questione viene posta quasi in chiave morale: un bravo giocattolo deve rispettare per sempre i voleri del suo bambino (anche se questo implica essere chiusi in una soffitta polverosa) oppure ha il diritto di cercarsi una nuova sistemazione e «rifarsi una vita»?

Saranno gli eventi e la testardaggine di Woody, da sempre il più fedele della compagnia ai suoi obblighi verso gli umani, a indicare la risposta.
Intanto l’adorabile e scalcinata banda di pupazzi viene, per errore, recapitata all’asilo Sunnyside e si ritrova, suo malgrado protagonista di nuove ed esplosive avventure e, di conseguenza, di un altro rocambolesco ritorno a casa. O, forse, a una nuova casa.
Anche se siamo dei fan sinceri e scatenati della Pixar vogliamo dire subito, per onestà, che Toy Story 3 non è certo il loro film più indimenticabile. Ma di sicuro gli autori, guidati stavolta da Lee Unkrich, non hanno perso colpi per quel che riguarda ritmo, sorprese e ironia. Toy Story 3 fa il verso ai film di spionaggio, a quelli dell’orrore, ai road movie e, come tutte le saghe che si rispettino, fa, naturalmente, il verso anche a se stessa. Non sapremmo dire se sia un difetto o meno, ma Toy Story 3 non sembra tanto un film per bambini quanto un film per adulti cinefili e, soprattutto, per appassionati dei cartoni animati Pixar. Se rientrate in questo profilo, al cinema portate i fazzoletti, perché riderete fino alle lacrime.

Dal momento che il pubblico conosce già piuttosto bene i protagonisti storici della saga, gli autori si sono permessi il lusso di introdurre numerosi comprimari, alcuni sinceramente irresistibili: dai pupazzi con la passione per il teatro e il metodo Stanivslaskij, al fosco pagliaccio Chuckles, fino all’esilarante coppia Ken e Barbie.
E siccome una cifra dell’abilità di un buon autore è la sua capacità di costruire personaggi così solidi che sembra possano vivere una loro vita autonoma, anche al di fuori del testo, vi suggeriamo la visione di queste divertenti clip pubblicitarie in cui potrete godervi un’intervista «esclusiva» a Ken e seguire i suoi interessantissimi “consigli per gli scapoli moderni”.

Toy Story 3 – La grande fuga (Toy Story 3), USA 2010
di Lee Unkrich (Pixar Animation Studios)
con (doppiatori originali): Tom Hanks, Tim Allen, Michael Keaton
(doppiatori italiani): Fabrizio Frizzi, Massimo Dapporto, Ilaria Stagni, Fabio De Luigi
Walt Disney Distribution