Tutto è bene quel che finisce bene(?)

Mi aspettavo che ci fosse più gente ansiosa di scoprire il destino finale del più celebre maghetto del decennio. Invece, dopo un paio di giorni dall’uscita di Harry Potter e i Doni della Morte-parte 2, in sala c’eravamo solo io e due dozzine di preadolescenti cinesi. In definitiva un pubblico scarno ma molto esigente.
Pur avendo visto con piacere tutti i film della saga, non ho letto i libri della Rowling, quindi mi sono seduta nel grande cinema vuoto con la sincera curiosità di sapere come sarebbe andata a finire. Del resto proprio sul concetto di «fine» era abilmente giocata tutta la campagna pubblicitaria.

I non-più-tanto-piccoli attori sono sempre più bravi e, anche questa volta, trovo molto convincenti i dialoghi, nonostante qualche caduta di stile rispetto al cupissimo Harry Potter e i Doni della Morte-parte 1 e all’ottimo Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
La regia di David Yates mi sembra discreta,  e, ovviamente, gli effetti speciali sono fantastici.
Mi lascia un po’ perplessa, invece, la sceneggiatura che, probabilmente, risente del disperato tentativo di condensare in due film una mole di pagine da romanzo russo. La funzione di alcuni personaggi minori mi rimane oscura, altri, invece, compaiono quasi dal nulla a svolgere ruoli chiave.
Ma, nel complesso, il film si rivela piuttosto godibile.
Poi qualcosa cambia: mi accorgo che gli autori stanno, pezzo dopo pezzo, suggerendo un finale inatteso, eroico, originale. Mi metto a sedere meglio e guardo lo schermo con sospetto.
No, non mi sono sbagliata, è proprio lì che la storia sta portando; a un finale che, a mio parere, fa salire il livello qualitativo della saga di Harry Potter di diversi punti.

Valuto seriamente l’idea di appropriarmi con la forza dei pop corn dei miei piccoli vicini mentre seguo con genuino entusiasmo l’evoluzione inaspettata della saga. Ma soprattutto, dentro di me, invoco il perdono della Rowling per aver sempre parlato male di lei, per aver sempre sostenuto che i suoi libri erano scritti a tavolino da un gruppo di ottimi mestieranti. E invece lì, davanti a me, prende vita un finale incredibilmente forte e coraggioso. Esageriamo: un finale quasi epico.

Ma l’incantesimo si rompe e quell’ipotesi straordinaria si trasforma nel più trito e prevedibile degli epiloghi. Rowling, maledetta strega avida, perché mi hai fatto questo? Perché prima mi hai illusa?
Forse nella versione letteraria ogni evento ha i tempi giusti per evolvere, forse tra le pagine del libro il lettore ha modo di maturare meglio i cambiamenti. Ma nella trasposizione filmica i passaggi finali sono bruschi e mal riusciti. La storia si spegne, si affloscia, agonizza. Osservo impotente un vero delitto narrativo.

La cosa peggiore? Non solo gli autori hanno cancellato senza pietà la pennellata di autentico eroismo che aveva fatto brillare l’ultimo capitolo di questa storia, ma il messaggio finale che arriva al pubblico cinematografico è che questi ragazzini, questi impavidi piccoli maghi, abbiano tanto lottato per raggiungere nient’altro che l’ordinarietà della vita comune. Gli ultimi minuti del film ci offrono uno sguardo nel futuro. Ecco cosa ne è stato dei sopravvissuti (non diciamo quali e quanti) alla più imponente e drammatica battaglia del mondo della magia: nulla. Sono diventati adulti e tristi, hanno perso i capelli, indossano tailleur e brutte scarpe con tacco basso. Probabilmente il sabato giocano a freccette e conservano i buoni sconto del supermercato. Il giovedì pomeriggio sul succo di mandragora c’è il 30% di sconto.

 

Harry Potter e i Doni della Morte – parte 2 (Harry Potter and the Deathly Hallows – part 2)
USA/GB 2011
regia di David Yates
con Daniel Radcliff, Emma Watson, Rupert Grint
130 minuti
nelle sale dal 13 Luglio 2011

2 thoughts on “Tutto è bene quel che finisce bene(?)

  • Luglio 24, 2011 alle 1:01 pm
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    Beh, diciamo che nell’universo narrativo potteriano l’alternativa a quel finale borghese sarebbe stata la morte di tutti e la schiavitù del mondo intero. Vediamo: meglio le ciabatte o l’apocalisse? Mmmhhh…
    Una cosa che nel racconto filmico si perde un po’ rispetto al libro è la stretta, strettissima analogia tra la saga di Harry Potter e il nazismo, con il tentativo messo in atto da una razza pura di maghi di controllare il mondo provocando l’estinzione dei mezzosangue e l’asservimento degli inferiori. In effetti, anche nella guerra che concluse quella parte della nostra storia (della nostra storia vera, intendo, non di quella potteriana), si lottò tanto per raggiungere (e finalmente, direi) l’ordinarietà della vita comune… E poi, dopo aver rischiato la vita per sette anni, glielo vogliamo lasciare un po’ di ciabattismo a ‘sti tre mahetti? 🙂

  • Luglio 24, 2011 alle 3:46 pm
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    Personalmente avrei preferito: Potter muore scientemente sacrificato da Silente per un bene superiore. Volemort, di conseguenza, muore perché tutti i suoi feticci sono stati distrutti. Tutti salvi tranne Potter e quelli che hanno perso la vita per difenderlo.
    Il riferimento al nazismo mi sembra esplicitissimo (e manco tanto originale), del resto cosa avrebbero fatto gli sceneggiatori senza i nazisti? 🙂
    L’ordinarietà va benissimo nella vita reale, sinceramente mi piace poco in letteratura. Comunque ho deciso di leggere tutti i libri!

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