Un intermezzo elettronico

Ci sono certe band che non ti togli dalla testa facilmente. Magari ci arrivi tardi e non ti sembra più il caso di parlarne ma poi, letteralmente, ti assalgono, le ascolti in ogni momento, ti monopolizzano la giornata e senti che almeno un paio di pezzi al dì li devi passare.

L’unica cosa che puoi fare allora è contravvenire alle tue regole e scriverne, in modo tale da liberartene una volta per tutte. Sto parlando di due band lontanissime tra loro per approccio alla musica ma che, alla fine, presentano anche qualche caratteristica in comune. Tipo quella di servirsi molto poco degli strumenti tradizionali.

Partiamo con il primo, il dominco-brookliniano George Lewis Jr, in arte Twin Shadow da poco uscito con il suo album-debutto, Forget. Dalle prime note si capisce che il buon George è un fanatico del synth-pop anni’80 e voi vi chiederete: cosa altro ha ancora da dare questo genere? Ebbene la vena intrinsecamente romantica e la voce calda e soul, coadiuvate dalla bravura di Chris Taylor dei Grizzly Bear alla produzione, riescono a donare all’opera  di Twin Shadow quel tocco di freschezza e originalità che non ci saremmo aspettati. E così il disco scivola via su undici episodi, tutti di ottima fattura, che ben mixano i mood tristi e amari della dimenticanza con quelli strettamente più allegri e nostalgici del ricordo. E se da un lato ci commuoviamo con Tyrant Destroyed, Yellow Balloon, Castels in the Snow e la bellissima Forget, dall’altro con When were dancing (un tuffo a piedi uniti ne Il tempo delle mele), Shooting holes at the moon e At my heels ci sentiamo spinti a portare il tempo col piede e ad accennare qualche passo di danza. Se lo lascerete entrare  vi stupirete di quanto sarà difficile togliervelo dalla testa.

Ci spostiamo oltreoceano per parlare invece del secondo gruppo. Loro sono i Darkstar e vengono da Londra. Il disco in questione, invece, risponde al nome di North ed è ammantato da atmosfere completamente diverse da quelle appena lasciate, ci muoviamo su territori più cupi e claustrofobici, come da tradizione bristoliana. Già l’etichetta, la Hyperdub, la dice lunga sulla scena che si muove intorno al trio (che fino a poco tempo fa, prima dell’aggiunta di James Buttery – il cantante –, era un duo): dubstep puro con nomi come Burial e Kode9 a fargli da compagnia. Ma quello che ci troviamo davanti si distanzia un bel po’ dal genere. Infatti con l’inserimento della voce i Darkstar si sono spostati verso il pop, con canzoni strutturalmente perfette come Gold e Aidys Girl is a Computer (ma anche Two Chords, North e Dear Heartbeat), mantenendo però quell’inossidabile coerenza che solo chi fa elettronica in Inghilterra e viene da una certa scena ha. Il risultato è qualcosa di molto vicino agli osannatissimi XX ma fatto meglio, con più stile e maestria. Un disco granitico da ascoltare e riascoltare, adatto sia alle giornate cupe che a quelle ancora più cupe. Da annoverare sotto l’etichetta “tanta roba.”

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Darkstar “Gold” from Cargo Records UK on Vimeo.

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Darkstar – North (2010) by charli6543