Wanderful Asia #7 – Il primo Stan

Mario e Thomas sono partiti per un’avventura che definiscono semplicemente “un lungo viaggio in moto”. Noi ne siamo affascinati, li seguiremo quindi passo passo rimandando al loro blog, accostando alle loro tappe di volta in volta un libro, un film, un disco affinché il loro “semplice” viaggio in moto possa essere per noi esperienza diretta. Hanno già percorso 10650 chilometri; attraversato Albania, Grecia, Turchia e Iran; arriveranno in Mongolia per poi tornare indietro toccando Laos e Vietnam.


Il primo -stan di Mario e Thomas ci riporta alla mente Stan Trek, un racconto coinvolgente, intenso, vibrante. Un viaggio lungo la via della seta, un reportage di Ted Rall edito da Becco Giallo nel 2009. In coda al racconto dei nostri due la recensione.


Ancora non eravamo del tutto fuori dal luccicante posto di frontiera iraniano di Taftan, che già ci si presentava il polveroso e scalcinato ufficio pachistano. E con lui il caro, vecchio ventesimo secolo: impiegati che ancora scrivono con carta e penna, telefoni da scrivania che non suonano mai (e se lo fanno, lo fanno in modo assai educato), l’enorme orologio a lancette sulla parete, che con ogni scatto dei secondi ti avvicina un po’ di più alla pensione.

Prima di arrivare avevamo sentito parecchie storie sulle scorte di polizia obbligatorie per gli stranieri, ma eravamo convinti di poterle evitare in qualche modo e poi, pensavamo, come diavolo potrebbero scortare delle motociclette? La risposta è: con ogni mezzo possibile. La tua sicurezza è la loro unica preoccupazione e se il prezzo da pagare per tenerti al sicuro è rischiare di ammazzarti… beh, diamine, loro sono pronti a pagarlo! Se non trovano altro modo, i poliziotti saliranno sulla tua moto, sistemandosi alla meno peggio sulla sella, sulle valigie o sopra di te, a seconda di come capita. Dopodiché un leggero tocco della canna del loro fido AK sui reni vuol dire che puoi andare, un paio di colpetti indicano “rallenta” e se ti colpiscono più forte farai bene a sapere che accidenti vogliono. E purtroppo no, non puoi farne a meno. Non puoi decidere che preferiresti essere fucilato piuttosto che schiantarti contro un camion mentre cerchi di spiegare al poliziotto dietro di te che non parli urdu e che non è un momento adatto per fare conversazione. Credeteci, una buona legge sull’eutanasia avrebbe un grande impatto sul comparto turistico di queste parti.

Questo sistema di scorta in realtà funziona abbastanza bene a Sindh e in Punjab, ma in Balochistan è un inferno. Il primo giorno siamo stati abbandonati per cinque ore in una caserma in attesa che qualcuno si occupasse di noi, solo perché i tizi del posto insistevano nel voler usare la radio anziché i cellulari (come fanno in Punjab). Quando la nostra scorta si è finalmente presentata, abbiamo percorso appena 20 km prima di doverci nuovamente fermare in una stazione di polizia nel bel mezzo di nulla. Niente cibo, solo acqua e la possibilità di dormire nell’ufficio e di pisciare a volontà nel cortile. Ecco due scene di quel giorno:

Quetta, la capitale provinciale, ha fatto del suo meglio per farci sperimentare quel “grande pericolo, grandi problemi” di cui tutti ci parlavano in continuazione.
La città è parzialmente militarizzata, ci sono sacchi di sabbia sui tetti e nelle piazze, soldati e poliziotti a ogni angolo di strada e guardie armate dappertutto.
Solo per poter arrivare all’Hotel Serena è necessario prima passare una cancello alto quattro metri, poi cinque barriere d’acciaio (di cui una anticarro), tre metal detector e uno scanner per i bagagli. E circa una ventina di addetti alla sicurezza. Fare il percorso contrario poi, ovvero uscire dall’hotel verso la strada, farebbe venire i brividi anche al più duro degli avventurieri, una sensazione molto simile al camminare nudo in mezzo alla giungla.

Si vedono più armi in giro di quante se ne possano contare in un action movie o in un college americano e ci vuole un po’ per abituarcisi, ma alla fine abbiamo cominciato a goderci la città e i suoi affollati bazar:

Siamo ripartiti in direzione Nord tre giorni dopo. Appena fuori dalla città la strada si fa molto interessante, regalando un guida molto piacevole fino al fiume Indo. Da lì in poi però è tutto un susseguirsi di campi coltivati, la natura diventa monotona e la strada è un lungo e noioso rettilineo asfaltato (se va bene). Queste foto sono state scattate in un raro momento di solitudine:

Ancora pochi giorni ed eravamo arrivato a Lahore, il posto più vicino all’India (e allo stile di vita indiano) che ci sia al di qua del confine.

[il blog di Mario e Thomas]


Stan Trek è un viaggio nell’Asia centrale post-sovietica e il Medio Oriente: lungo la Via della Seta, attraverso luoghi difficili anche da pronunciare di fila. Provateci voi, senza fermarvi: Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan. Ma non solo: la provincia del Sinkiang (Cina), Afghanistan, il conteso Kashmir con la Strada del Karakorum, tra le più pericolose al mondo, fino al Pakistan.

Un viaggio esotico semplicemente perché si tratta di luoghi davvero remoti, difficili da raggiungere anche in aereo, difficili da girare, interessanti per un passato importante essendo stati la culla di antiche civiltà, per un presente di corruzione dilagante e crudeli regimi di dittatori che fanno sembrare Saddam Hussein un dilettante in “materia” di repressione e tortura. Se poi consideriamo gli enormi giacimenti di gas naturale e petrolio ancora non sfruttati, forse le ultime importanti risorse energetiche del pianeta, in un futuro non molto lontano questa remota zona della terra diventerà oggetto della prossima partita a Risiko delle grandi potenze mondiali. [Continua a leggere l’articolo]