Non resta che ripescare Una modesta proposta

In quanti riusciremmo ad entrare in un armadio non dotato di un passaggio segreto e a restarci agevolmente vita natural durante? In quanti potremmo trascorrere l’esistenza in un loculo, e intanto coltivare pensieri di pace, amore per l’umanità e magari anche progettare gioiosamente un qualche futuro? In parole povere: quante persone possono vivere sulla terra? In quanti ci entriamo? E chi ci entra che diritto di cittadinanza ha più di un altro che soccombe? E soprattutto come ci entra? A quali condizioni? In quali condizioni? Da che se l’è chiesto il biologo e matematico americano Joel Coehn più di un decennio fa in un libro proprio dal titolo Quante persone possono vivere sulla terra? (Il Mulino, 1998, € 25,82) l’interrogativo si è fatto sempre più pressante e urgente.

L’impatto dell’uomo sulla Terra sta creando una nuova era geologica. Il tempo si accorcia. Manca l’aria in questa stanza. I numeri costringono a renderci conto che, mentre in queste non più allegre contrade, cadute tutte le ideologie non è rimasto altro che il culto della propria di personalità psicolabile, di un ego capriccioso e bisbetico tirato su a diossina e mercurio, altrove, in ogni parte del pianeta la popolazione continua a crescere. La demografia ci stronca la carriera: 7 miliardi, il futuro in un mondo affollato. La copertina del National Geographic di questo inizio d’anno è l’unico oroscopo azzeccato, previsione che piacerebbe anche all’astrofisica Margherita Hack, che va bene per tutti i segni, sia che abbiano l’ascendente o piuttosto il discendente etico-valoriale: costipati dentro, costipati fuori, ci aspettano tempi difficili. E così, intercettato in edicola in bella vista il National Geographic con siffatta copertina trita coscienza, mi sono subito affrettata a leggere lo speciale, sormontando per una volta l’eterna cronaca delle eterne beghe nazionali dove si perde qualsiasi senso delle proporzioni e anche le questioni più gravi sono ridotte a pettegolezzo. A leggere dei fatti nazionali si smarrisce la misura delle cose. Ricollochiamoci nello spazio e nel tempo: secondo i demografi dell’Onu, entro quest’anno la popolazione mondiale raggiungerà la cifra di sette miliardi di abitanti. E non è finita: l’umanità continuerà ad aumentare, specie nei paesi poveri malgrado le politiche “contenitive”. Nel 2045 nove miliardi di persone abiteranno un pianeta sempre più affollato, sfruttato, raschiato, spremuto, solcato, perforato, violato. E se i paesi “emergenti” seguiranno il nostro stile di vita, le risorse del pianeta andranno a essere ancora più intaccate. Riprendo un passo dell’articolo pubblicato sul National Geographic a firma di Robert Kunzig, statunitense, giornalista scientifico pluripremiato: “Come non preoccuparsi al pensiero che ogni anno ci sono 80 milioni di persone in più sulla Terra? Viviamo in tempi di prosciugamento delle falde acquifere, erosione del suolo, scioglimento dei ghiacciai e impoverimento delle riserve ittiche. Ogni giorno quasi un milione di persone non mangia a sufficienza. Tra qualche decennio ci saranno due miliardi di bocche in più da sfamare , per la maggior parte nei paesi poveri. Miliardi di persone in più reclameranno il sacrosanto diritto di avere un tenore di vita più alto. Se seguiranno l’esempio degli abitanti dei paesi ricchi – disboscando le foreste, bruciando carbone e petrolio, usando liberamente fertilizzanti e pesticidi – sfrutteranno a fondo le risorse naturali del pianeta. Come possiamo cavarcela?”

Ecco, appunto, la domanda che sottintende ogni nostro automatismo e finta libertà di scelta che si esercita al discount: come possiamo cavarcela? Come uscirne? Che soluzioni inventare? Noi qui non abbiamo forza né mezzi né capacità di dare risposte. L’unica risposta, dal nostro punto di vista, consiste solo e soltanto nel chiedere aiuto alla letteratura, dove le soluzioni ai problemi del vivere e del sopravvivere sono di altro calibro e caratura. Talvolta di altra caricatura. Specie quella letteratura che se il mondo è scriteriato e i fatti di questa terra lo confermano, risponde con il suo criterio, il ribaltamento logico tout court, l’umorismo estremo. Non resta perciò che riferirsi a una modesta proposta e avvalorarla. Anzi l’unica e inimitabile modesta proposta, partorita da una mente irriverente: quella di Jonathan Swift, il papà di Gulliver e dei lillipuziani. Ecco perché è sgorgata spontanea l’associazione di idee. Già ne I viaggi di Gulliver (1726), Swift aveva trovato una soluzione al problema dell’umanità, tanta, troppa, comunque molesta, trasformandola in Yahoo, bestie dall’aspetto umano, schiave dei cavalli Houyhnhnm, e forse prossime a estinguersi. Sono andata in tutta fretta a ripescare Una modesta proposta (1729), trattato del capostipite dell’umorismo nero, ineguagliato capolavoro dell’assurdo. Swift propone di risolvere il problema del sovrappopolazione (nel caso specifico in Irlanda, ed è forte la polemica contro gli invasori inglesi) e della fame con una semplice soluzione: mangiare i bambini. La grandezza dello scritto è nell’invenzione provocatoria e nella modalità di far funzionare il meccanismo narrativo e il metodo della riduzione della realtà all’assurdo: uno stile sobrio, pacato, un’argomentazione lineare e logica sostiene la spregevole e ripugnante proposta. La vena polemica si manifesta proponendo soluzioni impossibili passate come possibili e di grande buon senso. Dopo aver dissertato sulla possibile ricerca di rimedi al problema del sovraffollamento e non averne trovati, con pacatezza Swift rompe l’equilibrio convenzionale, sconvolge ogni criterio comune e azzarda la soluzione “ragionevole”: “Un americano molto pratico, che ho conosciuto a Londra, mi ha assicurato che all’età di un anno un bimbo piccolo, sano e ben curato, è un cibo estremamente delizioso, nutriente e salubre, tanto in stufato che in arrosto, tanto al forno che a lesso, e sono certo che sarà altrettanto buono in fricassea o come spezzatino”.

Il trattatello nella sua inimmaginabile assurdità e ferocia satirica, suona come una condanna da parte di chi si potrebbe definire come il primo vero grande giornalista della storia occidentale (per forza polemica ed inventiva, quindi capacità di condizionare l’opinione pubblica e contribuire a determinare eventi politici). La condanna ha per bersaglio un preciso contesto socio-politico che genera miseria, condizioni di vita disumane. Il potere di un’invenzione è per sempre. Tuttavia oggi nel clima di psicosi cinica che affligge l’uomo occidentale di razza bianca di ogni ordine e grado, nella psicosi cinica che riguarda sia l’individuo nella sua sfera privata che impersonali macchine produttive e multinazionali, si corre il rischio che le invenzioni fantastiche di Swift nate a scopo polemico, siano prese per buone. Tra i vantaggi che la proposta offre si legge: “Questo cibo porterà molto lavoro alle trattorie, perché gli osti avran certo il buon senso di cercare le migliori ricette per cucinarlo perfettamente e quindi i loro locali saranno frequentati da tutti i signori eleganti che giustamente si vantano d’essere buongustai, e un cuoco abile, che sappia come attirarsi i clienti, riuscirà anche a renderlo tanto costoso quanto essi possono desiderare”. Ecco, magari per come vanno le cose, il colonialista che è nell’uomo occidentale potrebbe pensare oggi di avvantaggiarsi così dell’indice demografico fuori controllo, vendendo cara la giovane pelle altrui e facendone materia di altri traffici rispetto a quelli già esistenti. Non è il caso di Swift. Lui si che era un uomo corretto e lo dichiara: “Posso assicurare, con tutta lealtà, che non ho il minimo interesse personale nel cercar di varare questo progetto tanto necessario, e non ho altra ragione che il pubblico bene del paese per tentare di estendere il nostro commercio, di provvedere ai bambini, di venire in soccorso ai poveri e di procurare qualche piacere ai ricchi. Io non ho bambini dai quali possa sperare di guadagnare un solo centesimo, perché il più piccolo dei miei figli ha già nove anni e mia moglie è ormai troppo vecchia per far figliuoli”.

Titolo: Una modesta proposta per evitare che i figli dei poveri siano di peso ai loro genitori
e al paese e per renderli utili alla società

Autore: Jonathan Swift
Editore: Nuovi equilibri
Dati: 2010, 48 pp., 1,00 €

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