Mostri: un’antica e rispettabile carriera

Sirene, ciclopi, chimere, gorgoni e meduse, cerberi, minotauri, arpie, grifoni, basilischi, sfingi, idre, esseri ibridi, ermafroditi: uno sterminato giardino zoologico, fantastico e terrificante. In quanti modi e con quanto esercizio di fantasia nei millenni l’uomo ha dato forma all’Ombra cercando di lenire l’angoscia. Quanti archetipi hanno abitato il pianeta, popolato le mitologie, il mare, il cielo, la terra, ma anche le profondità psichiche. “Chiunque si identifichi con la psiche collettiva o, in termini mitologici, si lasci divorare dal mostro, e si annichilisca in esso, arriva al tesoro vigilato dal drago, ma vi arriva contro la sua volontà e con tutto danno per se stesso”. Carl Gustav Jung ha messo in guardia l’uomo a proposito della proiezioni di certe inquietudini, di certi sottoscala e sotterranei dell’anima, dei nostri luoghi demoniaci, degli inferi interiori in cui abitano mostri e morti, che finisce per travolgere ogni cosa. A dare troppo credito alle proprie creazioni si finisce per restare schiacciati sotto la coda di qualche drago o pietrificati da Medusa. Che la nostra vita possa essere ‘mostruosa’, molto prima di Jung, l’ha espresso qualsiasi cultura umana attraverso miti, culti religiosi, creazioni di esseri immaginari, proiezioni di ogni genere, prendendo spunto da malformazioni genetiche, deformità fisiche, varietà e stranezze naturali. Il tema è vistosamente affascinante e d’infinita esplorazione, degno di una labirintica biblioteca di Borges.

‘Monstra, costruzione e percezione delle entità ibride e mostruose nel mediterraneo antico’,  è stato un  percorso durato quattro giorni (da mercoledì a sabato) organizzato dal Dipartimento di Storia, Culture, Religioni (sezione di Studi Storico-Religiosi) dell’Università di Roma La Sapienza e dal Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni” di Velletri che ha riunito antropologi e studiosi con l’intento di storicizzare la categoria moderna del mostruoso riscoprendone le origini nelle principali culture di riferimento (Egitto e vicino Oriente, Grecia e Roma antica). Mostro (dal latino mostrum, cosa straordinaria, contro natura secondo la derivazione dal latino monere, ‘avvertire’)  è comunque sempre vocabolo che indica un essere con caratteristiche eccezionali, che sia un portento o un campione di deformità fisiche e morali. Se ne scoprono delle belle a esplorare il campionario di mostri antichi, specie se, assuefatti da mostri e mostruosità dell’oggi, si è piuttosto ignari di mostri d’altre epoche. Una micro selezione dei numerosissimi interventi delle giornate di studio individua l’origine di molta decadenza spirituale occidentale o almeno di pregiudizi correnti, nell’accezione spregiativa che il mondo greco-romano dà a ciò che è bollato ‘mostruoso’.

Viceversa nell’antico Egitto, come riferito da Alessandra Colazilli dell’università La Sapienza, vige una cultura della tolleranza e della sacralità che utilizza malformazioni e deformazioni fisiche quali fonti d’ispirazione per l’iconografia del proprio pantheon di divinità. Una famosa mummia, denominata mummia di Hermopolis, oggi dispersa, è ciò che restava di un feto che aveva sembianze di piccola scimmia perché affetto da anancefalite. Per gli egizi, l’animale o chi ha apparenza animalesca è manifestazione del divino. I sarcofagi di cinocefali  (esseri umani con peluria diffusa che conferisce aspetto animale o canino),  sono state di certo fonti d’ispirazione nella creazione del dio Anubi, il dio con la testa di cane. Nell’iconografia cristiana, solo san Cristoforo è raffigurato come uomo dalla testa canina ricoperto di peli. Altra malformazione che non è trattata con disprezzo dall’antica società egizia è il nanismo. Famoso è il nano Seneb raffigurato con la sua famiglia in una statua del 2500 a. C.: almeno un paio di divinità egizie hanno questa caratteristica e sono state rinvenute statuette di osso di nani. Insomma, ciò che è deforme è epifania del divino, quindi sacro.

Anche i ‘Mischwesen’, esseri misti propri della religione mesopotamica, di cui ha parlato l’assirologo Pietro Mander (università degli studi di Napoli, L’orientale), non sono espressione della categoria del caos, anzi, “sono estensioni dell’epigenesi di cui le divinità sono i nodi centrali. Sono quindi parti del divino in rapporto con parti del cosmo”.  Sono esseri misti che presentano di solito zampe da toro, corpo da leone, ali d’aquila e testa umana e sono collocati a protezione delle porte. Il mostruoso è anche una modalità espressiva di parti non corporee. Rivelatrici sono le tracce lasciate soprattutto nelle tavolette cuneiformi da parte di una cultura che si avvaleva di un insegnamento orale, purtroppo completamente perso. “L’intero universo è concepito in base a una fittissima rete di relazioni il cui motivo ci sfugge. È una rete cosmica di cui gli dei sono i nodi”. Nodi di connessione di tutto, presupposto per la magia come liturgia terapeutica o no, e per la mantica. In questa cultura la nascita di un essere deforme era intesa come segnale divino da prendere in grande considerazione e osservare attentamente per poi vaticinare.  Le figure miste racchiudono in sé parti del cosmo. Uomini pesce e uomini leone individuati in rilievi assiri hanno la loro precisa funzione. Gli uomini pesce sono esorcisti che in nome del dio scacciano i demoni. Gli uomini leone, la parte leonina è sulla testa e non sul corpo, sono geni tutelari della casa. “Danzano dopo una battaglia mentre i soldati si riposano. Esorcizzano o scacciano le entità dei soldati uccisi”.  Hanno quindi valenza simbolica.

In tutt’altro mondo ha condotto la platea, l’antropologa Sabina Crippa nello svelare l’uso politico dei thaumata (figure straordinarie, mostruose, non umane, extraumane e divine) nell’antica Grecia.  I greci ’mostrificano’ in funzione politica i popoli conquistati e i loro eroi eponimi: così accade con la fondazione di due colonie, Cirene e Crotone,  La prima, colonia dorica del VII secolo a.C. , la seconda dell’VIII secolo a.C., nota in particolare per la scuole di Pitagora. Svalutare, denigrare i fondatori mitici della tradizione locale e presentarli come mostri deformi è una strategia di comunicazione politica rivoluzionaria. Per imporre il potere politico di Apollo delfico, ‘inventano’ automi oracolari. Ovvero oracoli anomali in cui le divinità in forma spontanea elargiscano enunciazioni  non richieste dal consultante.  La parola autonoma della divinità priva di legittimità tutta la storia precedente della città. L’eroe locale fondatore è conciato per le feste: è presentato dall’oracolo come ignorante, incapace di interpretare l’oracolo stesso; le sue gesta sono empie ma soprattutto è deforme, mostruoso, a cominciare dall’aspetto fisico. “La deformità, infatti, altro non è che il segno del vero oggetto di svalutazione  da parte della divinità: il sapere umano politico è stigmatizzato come mostruoso, negativo, doppio, e come tale deve essere consegnato alla memoria passata e futura della città. A questo scopo, ad esempio – rivela Sabina Crippa – sulle monete di Crotone viene incisa l’immagine del granchio per rappresentare il fondatore poiché il granchio è categoria antica per designare disonestà, falsità, inganno. L’insieme di questi tratti e modalità inventate e descritte dalla ricostruzione storiografica, sono funzionali all’inserimento o meglio alla sottomissione delle nuove città al potere panellenico del santuario di Delfi legato alla divinità di Apollo”.

Così ‘mostrificato’ il sapere originario del fondatore della colonia è nullificato, il potere panellenico sbaraglia ogni concorrenza e può spianare la strada all’imperialismo che da quei tempi contraddistingue la modalità occidentale di abitare il mondo. La ragione politica  sovrana, il logos spazza via la differenza, ciò che è difforme diviene deforme, portatore di caos, manifestazione delle disarmonie dell’esistere, elemento costitutivo di una realtà da annullare. Questa modalità operativa diventa una manovra ideologico-simbolico iperbolica e totalitaria nel mondo romano poiché permette di neutralizzare nemici esterni e interni e imporre la pax. I mostri non vanno interpretati come nella cultura mesopotamica dove non appaiono mai se non in sogno (il sogno di Gudea), e tantomeno divinizzati come facevano gli egizi. I mostri per i romani vanno stanati, scoperti, ‘mostrati’ ed eliminati uno a uno. Lo ha evidenziato Diana Segarra Crespo dell’università di Madrid. Mostri per Lucrezio sono esseri intermedi tra due sessi, relegati a un passato remoto in un luogo lontano, l’Africa; per Plinio sono l’effetto di giochi della natura in cui vige la sospensione dell’ordine. Poiché mescolano entrambi i sessi, sono esseri androgini, hanno una natura ambigua che apporta confusione ed è perturbatrice dell’ordine e della pax deorum. Sono dunque avversari della comunità. Per Cicerone minacciano il corpo civico come un organo malato minaccia il corpo fisico e quindi vanno estirpati e banditi dalla società (per loro non c’è possibilità di cittadinanza). Non stupisce, allora, che con questi presupposti anche la bella Cleopatra “appare ai romani un mostro fatale concepito per distruggere l’impero”. Concentra in sé troppi vizi: eccessi nel sesso, nel bere, lusso, follia, furore e crudeltà. Il mostro è anche donna.  Antonio e Ottaviano intraprendono un combattimento mitico contro questo mostro per inaugurare una nuova era, quella della pax augustea.

Anche l’avversario politico è un mostro, è l’odioso tiranno  l’archetipo della mostruosità (come non pensare ai tanti mostri strumentalmente creati e distrutti in epoca postmoderna dalla cosiddetta pax americana?). Per la studiosa tutto il teatro di Seneca è specchio che ‘mostra’ la metamorfosi dell’uomo; l’avvento del mostro responsabile dell’immissione del disordine nel mondo. La tragedia romana è catartica perché svela il mostro. Crudeli per eccellenza sono gli eroi tragici che debellano il male alla radice. E non è solo la tragedia a essere crudele. Sevizia e torture annullano i nemici, gli avversari dello Stato, gli esseri  ritenuti empi o indegni. Quanta crudeltà di casa pure negli anfiteatri romani: corpi sbranati, macellati, divorati, fatti a brandelli perché rei di mostruosità nella logica del potere. Esibiti e annientati anche mostri  di natura con sembianze fisiche impressionanti: belve mai viste prima, leoni, pantere, tigri, orsi, animali esotici frutti di stranezze e di caso. L’eroe dell’arena è affine alla belva, uomini e animali hanno tratti mostruosi comuni. Ma a Roma il mostro è solo e soltanto chi non si uniforma alla legge dello Stato e va allontanato dalla comunità umana. Da qui allo scarafaggio di Kafka e alle sue estreme deviazioni da ogni ordine, naturale e morale, dalla Legge, non c’è che un lungo cammino di ferocia umana.  “L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, un cavo al di sopra di un abisso”, ha scritto Friedrich Nietzsche in Così parlò Zarathustra, 1885. A volte assumere su di sé il ruolo esclusivo di gendarmi dell’ordine mondiale, piuttosto che di quello nazionale o locale o persino familiare, di coppia o del proprio universo interiore, non leva le ombre mai scrutate davvero, ma espande l’Ombra. Presto o tardi, a volte con esiti mortali, affiorano le belve interiori, se non tramutate alchemicamente in portenti creativi, mostri ‘sacri’. Ancora Nietzsche: “Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”. (Al di là del bene e del male, 1886)