Il caso Persico: un mistero italiano risolto da Camilleri

“Ecco, il mio sarà il tentativo di percorrere il labirinto di un enigma, che mi costringerà a formulare ipotesi e supposizioni e a pormi di continuo domande senza risposta, e uscirne infine con l’aiuto dell’unico, possibile filo d’Arianna, vale a dire l’invenzione narrativa”. Quale migliore premessa per inoltrarsi nelle regioni oscure dell’identità individuale come della storia nazionale con il pretesto di raccontare la vicenda di un uomo? Da Dentro il labirinto di Andrea Camilleri (Skira edizioni) affiora l’irrealtà della vita che si tramuta in caso inquietante. E al labirinto del reale corrisponde un labirinto testuale: né una biografia convenzionale né il giallo  che ci si aspetta dal padre di Montalbano. Che Camilleri sia autore prolifico e infaticabile è evidenza ovvia. Non c’è lettore che non abbia trovato rifugio anche occasionale in un suo libro, potendo scapricciarsi nella scelta in una produzione che conta ottanta titoli. Che sia anche curioso di tutto, poliedrico, lui per primo intrigato da storie anomale, marginali, poco note se non ignote, all’incrocio tra generi diversi, storia dell’arte inclusa, e ancor prima intreccio di circostanze esistenziali molteplici; fatti dove la cronaca interseca la grande storia, si capisce a scorgere gli ultimi titoli pubblicati nell’elegante collana Narrativa Skira: prima Il cielo rubato – Dossier Renoir; poi La moneta di Akrgagas, infine questo ultimo, Dentro il labirinto che racconta di Edoardo Persico, nome che a molti forse non dice nulla.

Nato nel 1900, napoletano di formazione crociana e cattolica, Persico fu una figura di grande rilievo dell’architettura razionalista; scrittore, critico d’arte, organizzatore di eventi culturali e artistici, artefice di negozi all’avanguardia in una Milano modernissima; intellettuale eclettico ma anche operaio Fiat e poverissimo separato dopo un matrimonio burrascoso che per vivere dava lezioni di catechismo, condirettore della rivista d’architettura ‘Casabella’, amico di Gobetti, Carlo Levi, Felice Casorati, Giò Ponti e di altri bei nomi della pittura e dell’arte italiana. Quest’uomo nella sua breve vita ha lasciato tante tracce che rimandano però sempre a un’identità sfuggente così da contribuire a creare la leggenda di se stesso. L’11 gennaio del 1936 fu trovato morto completamente nudo nel bagno della sua abitazione con la testa incastrata tra il muro e la base del gabinetto; non aveva ancora compiuto 36 anni. Fin da subito, gli stessi amici di Persico si divisero tra chi riteneva si fosse trattato di un tragico malore e chi pensò a un omicidio. Le pose in cui lo ritrassero da morto tre amici pittori stanno lì a insinuare il dubbio. Poi c’è il referto medico in cui sono omesse le ragioni di un fegato trovato spappolato, del collo fratturato, e si parla di miocardite come causa della morte. Più indicativa ancora per Camilleri è la frase scritta sul verbale d’archiviazione della procura: “causa di morte indeterminata”. Emerge il profilo di un uomo ambiguo che poté essere a un tempo antifascista, amico di noti oppositori del regime come di uomini di chiara fede fascista, forse informatore dell’Ovra.

La vicenda resta oscura: può darsi fosse costretto alla maschera dell’ambiguità per proteggersi dalle insidie del regime fascista che non si limitava ai sospetti, ma usava l’arma della delazione, e poi i controlli, le perquisizioni, gli arresti fino alla persecuzione a morte  di personaggi scomodi come toccò all’amico Gobetti. Fu ucciso allora Persico e da chi? Sicari del fascismo o antifascisti? Fu un malore o semplicemente l’uomo si lasciò morire essendo già cagionevole di salute, dopo aver subito forse maltrattamenti nel corso di interrogatori da parte della polizia politica? Di questi interrogatori però non vi è traccia tanto che “malignamente” il critico Bruno Zevi insinuò che in carcere non vi fosse mai stato e l’unica San Vittore che avesse frequentato era la via dove aveva sede la redazione della rivista Casa bella. Camilleri fa tornare alla ribalta o scoprire per la prima volta il caso Persico per 166 pagine che scorrono  fluenti. “Parafrasando Melville – scrive Camilleri – una sua eventuale biografia potrebbe intitolarsi Persico o dell’ambiguità”. L’esplorazione del labirinto Persico è ad alto tasso di sperimentazione essendo cronaca e invenzione insieme. Si intuisce un enorme lavoro di ricerca e documentazione. Nella prima parte prevale una modalità analitica di circospetta e precisa ricostruzione storica dei fatti, a partire dai dati raccolti.

Arrivato al culmine dell’intrigo, Camilleri ‘cronachista’ si arrende, depone le armi: “ho percorso tutto il labirinto e mi ci trovo ancora intrappolato dentro. Non mi è stato possibile dare una risposta certa nemmeno a una delle tante domande, perché ogni risposta ipotizzata apriva altri piccoli labirinti che conducevano ognuno ad altre domande”. La realtà spesso non conduce a una verità né a una rivelazione; allora non resta che percorrere l’unica via possibile per uno scrittore: l’invenzione. Così  fa il Camilleri tessitore di trame noir che ci trasporta in una storia di spie e polizia politica pur lasciando aperto il mistero. Se Persico fu informatore della polizia segreta o solo vittima, se pagò per le sue idee sull’architettura, “un’architettura naturaliter antifascista, avversa ai colonnati e agli archi che parevano di cartapesta anche se non lo erano”; se fu un intellettuale scomodo, un genio o un bugiardo “racconta balle a oltranza”, resta il mistero della sua identità. Certo è che Profezia dell’architettura (quattro suoi saggi introvabili, ora ripubblicati da Skira) resta un fondamentale lavoro militante. Certo è che Camilleri con la sua prodigiosa mente, investigativa e fantastica insieme, dà alla vicenda uno sbocco romanzesco, forse assai più vero del vero apparente.

 

Titolo: Dentro il labirinto
Autore: Andrea Camilleri
Editore: Skira (collana NarrativaSkira)
Dati: 2012, 160 pp.,  15,00 €

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