Blue Note: il jazz, le macchine e gli dei

C’è un posto a Roma, sulla via Ostiense, vicino la Piramide Cestia, che potrebbe trovarsi tranquillamente a Ost Kreuzberg, il quartiere della scena post-punk berlinese,  in uno dei tanti capannoni industriali adibiti a luogo di cultura e intrattenimento. Quello che ti fa immediatamente capire che non puoi che essere nella città eterna sono le numerosissime statue di periodo romano, tutte bianchissime, molte decapitate.

Centrale Montemartini è un ottimo esempio di riconversione industriale: nel 1997, la prima centrale elettrica romana è stata utilizzata come deposito temporaneo in occasione della ristrutturazione del complesso capitolino. Poi, nel 2005 e dopo la mostra di successo Le macchine e gli dei, titolo quanto mai appropriato, lo spazio espositivo è stato promosso a museo. E la mostra è divenuta permanente. Così, oggi, gli “dei” convivono serenamente con i grossi ed evocativi macchinari industriali e con il loro odore acre, di olio bruciato e ferraglia.

La Storia – quella recente e quella antica – incontra in questo non luogo la cultura moderna. Quella fatta di eventi dal vivo, kermesse, degustazioni, aperitivi culturali. E così la musica ben si abbina al vino in un appuntamento radical chic della primavera romana.

Nella sala principale è stato allestito un palco, su cui, per due mesi e ad un prezzo decisamente competitivo, si sono alternati musicisti della scena jazz. A fine concerto, nella “sala caldaie”, è possibile concedersi un aperitivo.

Forse l’ambiente non è dei più confortevoli, forse l’audio potrebbe essere migliore, forse il palco è un pò sottodimensionato rispetto agli ingombranti strumenti da jazzisti (pianoforte, contrabbasso, batteria). Può anche darsi che il jazz non sia esattamente nelle vostre corde. Perchè si tratta di un tipo di musica difficile, mai immediata, ostica da memorizzare, impossibile da canticchiare. Ed è anche vero che, tra il colto pubblico, presenzialista per definizione, qualcuno, a tratti, sonnecchiava. Eppure a un certo punto, anche se non sei esattamente predisposta ad andare oltre il tuo ben definito posizionamento musicale, ti rendi conto dell’imponenza del suono e della natuaralezza con cui musicisti insospettabili padroneggino strumenti che non avevi mai visto dal vivo. La resa live è incredibile, potente. Non conosci le canzoni, ma impari ad ascoltare. MJQ Sounds, il quartetto che ho avuto il privilegio di “vedere”, ha eseguito pochi, intensi brani, in questa cornice veramente unica, che li ha resi indimenticabili.

Commovente l’intro del controbassista ad un brano, dedicato al suo compositore e amico scomparso: “un grande artista, un grande musicista. Se ne è andato da solo, in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse.” È la storia del jazz: musicisti immensi volano via senza che nessuno li rimpianga, mentre mediocri popstar vengono acclamate e osannate da pubblico e critica. Ma in fondo, parafrasando ancora Dodo Goya, è per quello che si chiamano “pop”.

Prescindibile invece la degustazione di vino, che però permette una vista panoramica di alcune delle statue meglio tenute, in ambienti non accessibili al pubblico.

MONTEMARTINI BLUE NOTE
MJQ SOUNDS
feat Andrea Dulbecco vibrafono
Antonio Faraò pianoforte
Dodo Goya basso
Bruno Biriaco batteria

dal 9 aprile al 4 giugno ore 20.00 e 22.00
Ingresso museo, concerto e degustazione: 7 euro

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