Della Crisi ovvero dell’avvento dell’individuo subprime o homo insapiens insapiens

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Finirà che dovremmo aggiornare tante locuzioni sacre e profane: scambiatevi un segno di crisi; ho una crisi per capello; dacci oggi la nostra crisi quotidiana; chi di crisi ferisce di crisi perisce; e vissero felici e contenti in crisi; che la crisi sia con voi, con voi rimanga sempre e diventi eterna perché, come scriveva Aldous Huxley nel romanzo Ritorno al mondo nuovo del 1958, “Una crisi permanente giustifica il controllo su tutto e su tutti, da parte del governo centrale”. Purché poi non entri in crisi… il governo centrale.

In attesa che si approfondisca e si radicalizzi, molto opportunamente, il Centro studi di psicologia e letteratura (fondato da Aldo Carotenuto) ha dedicato un intero convegno e il numero monografico di aprile del proprio Giornale storico (Fioriti editore) al tema Crisi.globale@psiche. La crisi va indagata, sviscerata, assimilata, vissuta cercando un senso, o più d’uno che si trova: è economico-finanziaria sì ma anche antropologica, sociale, politica, ambientale; in crisi sono batteri, virus, uomini, donne, cose, persone, animali e città. La crisi secondo lo psicoterapeuta Antonio Dorella è globale in quanto segna “il fallimento della prima globalizzazione e della presunta onnipotenza dei mercati finanziari”. Ha fatto emergere un homo insapiens insapiens verrebbe proprio da dire, un soggetto con una nuova organizzazione di personalità: secondo la definizione dello stesso Dorella, l’individuo subprime (termine che parafrasa l’idioletto finanziario, letteralmente al di sotto dello standard primario di garanzia) ovvero “un individuo inaffidabile, che chiede cose non avendo meriti, possiede senza possedere, il suo unico privilegio è la mobilità, si sposta di continuo, ciò lo accomuna al borderline, grande patologia emergente dei nostri tempi. L’individuo sub prime è caratterizzato dall’assenza di gravitas intesa sia come mancanza di attrazione gravitazionale che come sospensione del senso del tragico: ciò determina un’eterna fanciullezza e un nomadismo etico secondo la definizione di Umberto Galimberti”. Un soggetto che ha qualità ‘volatili’ restando un pollo cresciuto a granone e idolatria consumistica. Soluzioni proposte per il nostos, il viaggio di ritorno verso la terra prendendo ad esempio la parabola umana di Ulisse, sono resilienza e localismo, cioè “tenacia di fronte alle avversità e sintonia con il proprio habitat fisico e affettivo”. A livello di setting, Dorella prevede l’avvento di una psicoterapia dinamica integrata di breve durata tenendo conto di mutate disponibilità economiche e caratteristiche identitarie dell’individuo post crisi.

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Gli junghiani per definizione non temono l’Ombra comunque si manifesti: figurarsi se si configura costei in forma di titoli finanziari tossici che tutto e tutti fanno crollare come è accaduto nel contesto occidentale dal 2008 con il fallimento della prima banca, l’americana Lehman Brothers. Per statuto ontologico prima ancora che professionale, “l’analista è un frequentatore abituale della crisi”, parola della psicoterapeuta Simonetta Putti, che ha avvertito: “la crisi è presenza costante nel temenos analitico”. Putti ha affrontato la problematica con lucido disincanto perché funzionale al gioco in atto è  immettere nell’aria oltre a titoli tossici “profezie negative che si autodeterminano”. Pensando alle dure prove a cui sono state sottoposte precedenti generazioni, Putti ha citato Ernst Bernhard (ha introdotto la psicoterapia junghiana in Italia) che internato nei campi di concentramento scriveva alla moglie Dora: “Abbiamo un solo nemico: la depressione e il dubbio, la mancanza di fede in un proprio destino”. La depressione più pericolosa è per Putti “la depressione del Senso”. Invece “credere in un Senso di ciò che accade affidandosi attivamente al divenire senza disperare e forse anche senza sperare, accogliendo le possibilità spesso nascoste, è già a mio parere essere o entrare in un processo di individuazione”. Per Giorgio Antonelli la crisi è sempre connaturata all’uomo in quanto incapace di morire. L’ars moriendi che si dovrebbe imparare in analisi non sfocia all’esterno; d’altra parte il mondo si alimenta di criticità.  “La crisi si attraversa vivendo, solo vivendo e dunque solo alimentando altra crisi”. Amedeo Caruso ha auspicato l’intervento di Psiche a liberare e salvare il mondo e, in qualità di fondatore del movimento psicofuturista, è convinto che questo possa avvenire non già pensando di psicoanalizzare ogni comparto merceologico ma applicando la metodologia psicoanalitica all’educazione umana: una modalità consapevole di dimorare sulla terra sottraendosi alle logiche del sistema, alla schiavitù del denaro e del tempo. La crisi vista con le lenti della Kaballah (insieme di insegnamenti esoterici dell’ebraismo) è secondo Virginia Salles che cita il filosofo e il sociologo francese Edgar Morin e lo scienziato studioso di cibernetica e kaballah Michel Laitman, effetto del continuare “a comportarci come se fossimo separati quando in realtà siamo tutti collegati e lo siamo molto di più di quanto riusciamo a immaginare”. Contravvenire alle leggi universali dell’esistenza, porta malattie sociali, distruttività individuale e collettiva. “Mentre noi esistiamo nel mondo della ‘separatezza’, la vita appartiene e proviene dal ‘mondo dell’Unione’. Per i cabalisti solamente attraverso la connessione la vita può evolversi e perpetuarsi”. Per ogni essere umano vale o dovrebbe valere il principio di responsabilità: sta a noi scegliere come fare questo viaggio se passivamente o contribuendo “in modo attivo alla nostra evoluzione interiore e all’evoluzione della consapevolezza globale che avrà come traguardo l’assunzione del Divino all’interno dell’uomo”.

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Un esercizio di decostruzione felice della retorica della crisi, parola “sulla bocca di tutti, pandemia  cui nulla e nessuno riesce a sfuggire” l’ha proposto la filosofa Luisa de Paula che è andata a fare una ricerca etimologica della parola  e ha scoperto che nel greco sta per separazione ma “in terra junghiana ci confrontiamo con il processo di individuazione, processo che ognuno di noi deve compiere per arrivare al cambiamento, alla metamorfosi”; in sanscrito indica strettoia, in cinese pericolo ma anche opportunità; in ebraico indica anche parlare: se ne esce fuori  riappropriandosi dello spazio politico della parola. In quanto alle ragioni della nostra crisi occidentale è provocata da eccesso del desiderio: “nel nostro continente non si muore per mancanza di cibo ma per abbondanza”, abbiamo perso il senso della realtà, l’uso dei sensi, va ‘decolonizzato l’immaginario’ e riscoperta l’economia come oikonomia “nell’ottica conviviale dell’informalità vernacolare” proposta dal pedagogista e filosofo austriaco Ivan Illich. Anche per Roberto Cantatrione che ha citato l’economista Serge Latouche la crisi, peraltro sempre esistita nella storia umana, può essere una risorsa poiché significa smetterla di vivere al di sopra delle proprie capacità, ma soprattutto ci mostra come e quanto siano stati superati i limiti economici, ecologici, etici. A proposito di aggiornamento di adagi abusati, allora, più che la storia in sé è la crisi a essere ora più che mai benedetta magistra vitae.

Giornale aprileGIORNALE STORICO DEL CENTRO STUDI DI PSICOLOGIA E LETTERATURA
N° 16 – Aprile – 2013
Argomento: Crisi.globale@psiche

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