E ora qualcosa di completamente diverso

Grandi cambiamenti all’orizzonte. Almeno così sembra sulla carta. Dopo vent’anni di governo da pochi giorni non abbiamo più quello lì come Presidente del Consiglio. Al suo posto un uomo nuovo che poi tanto nuovo non è. Un bene? Un male? Saranno i mercati a deciderlo, a noi tocca il ruolo di meri spettatori. In ogni caso mi serve qualcosa che smuova l’ambiente, qualcosa che faccia percepire il cambiamento. Non lo trovo nel cielo, e neanche nella mia vita di tutti i giorni. La zucca sa sempre di zucca e il caffè, come al solito, mi viene ‘na ciofeca. Non ho nuovi followers su Twitter e Moggi è stato condannato quasi al massimo della pena. Mi spiegate allora cosa cappero è cambiato? Come al solito cerco rifugio nella musica: via il solito indie-pop, via il rock, via il folk, che rimane? Due robette non da poco, Dirty Beaches e Oneohtrix Point Never. Cosa abbiano in comune lo vado a spiegare.

Dirty Beaches, moniker del coreano canadese Alex Zhang Hungtai, attivo già dal 2006, ma salito agli onori delle cronache quest’anno per l’ottimo Badlands, ha da poco rilasciato Practical Esp OST, un ep che c’entra poco con la sua roba più famosa. Dimentichiamoci gli anni ’50 e ’60, il fumo e le motociclette, i capelli imbrigliati dalla gelatina e la voce roca e profonda. Dimentichiamoci delle atmosfere cupe, quasi noir, à la Lynch come dicono in molti: qui ci troviamo in altri territori. Come recita il titolo stesso si tratta di una colonna sonora e la prima cosa di cui ci si accorge è la mancanza della voce. Solo strumenti allora, loop di chitarre, synth e pianoforte, tutto molto dolce, tutto molto placido. Suoni che servono a cullare, penseresti.

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In realtà la musica è stata pensata e scritta per un documentario sull’ippoterapia, realizzato da Zoe Kirk-Gushowaty, la stessa regista del video di Lord Knows Best. Strani incroci insomma. Eppure la musica di Alex sembra, ancora una volta, colpire nel segno. Anche qui gli echi retro sono evidenti, più di tutti in Bobbi, che sembra quasi pescare nella tradizione orientale. L’impianto è bello lo-fi come sempre, ma i suoni si fanno più calmi, dilatati, ipnotici, quasi acquatici. Quattro pezzi da ascoltare seduti sul divano, luci basse e occhi chiusi per lasciarsi trasportare, quattro pezzi zen (ma qui sto osando) per portarci in una dimensione diversa, calma, tranquilla che col fricchettonismo non ha nulla a che fare (lo so che qualcuno di voi lo stava pensando).

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Sempre musica da film a mio parere, e qui sta il link con Dirty Beaches, è quella che Oneohtrix Point Never, producer di Boston trapiantato a New York, ci propone nel nuovissimo Replica. Anche qui a farla da padrone ci sono i loop, a cui si aggiungono drone e delicatissimi inserti di pianoforte che rendono l’atmosfera onirica e sognante. Da quando si preme play fino alla fine del disco sembra di entrare in un film raccontato però da suoni piuttosto che da immagini.

Daniel Lopatin, nome anagrafico di Oneohtrix, si è ispirato, a quanto pare, alle pubblicità della sua infanzia, quelle degli anni’80 e ’90, a dei visuals ben definiti dunque, campionando e grabbando suoni per poi mischiare il tutto con synth dei ’70 (quasi alla Pink Floyd, come accade in Power Of Persuasion) o temi funk anni ’70 (Sleep Dealer), fino al piano quasi jazzato di Replica. Il mix sembra essere una summa della musica contemporanea, vista la quantità di rimandi presenti, ma il risultato, il prodotto nel suo intero, secondo me, è assolutamente nuovo. Quando l’ho ascoltato la prima volta non mi sono reso bene conto di cosa stesse girando ma poi, piano piano, con il numero di ascolti sempre maggiore una certa eccitazione si è impadronita di me, quella che senti quando qualcosa di completamente inaspettato ti si sta dispiegando sotto gli occhi, quella che senti quando pensi di essere testimone di qualcosa di davvero importante.

https://player.soundcloud.com/player.swf?url=http%3A%2F%2Fapi.soundcloud.com%2Fplaylists%2F1253030 Oneohtrix Point Never – Replica by Mexican Summer

Ora, è molto probabile, vista la mia ignoranza in materia, che tutta questa enfasi sia ingiustificata, però ve lo volevo raccontare, perché mi pare che sia questo l’effetto principale che questo disco, così multiforme, tra le varie tracce e nelle varie tracce, faccia. Sto prendendo un abbaglio? Non lo so. Ma qui non c’è rischio di spread che tenga e se il cambiamento non sarà all’altezza premeremo play su un altro disco. Il mondo fuori mandiamolo affanculo, per una volta.