“Tutti i grandi sono stati bambini”

Cosa ci rende esattamente quello che siamo? Perché abbiamo timore di alcune cose, mentre altre ci esaltano o ci commuovono? Perché in alcune situazioni ci sentiamo in difficoltà, e in altre, invece, perfettamente a nostro agio? La risposta, a metà tra filosofia e psicologia sociale, che ci darebbe Henri Laborit è che “noi non siamo che gli altri”, nel senso che buona parte dei nostri comportamenti e delle nostre convinzioni derivano, in qualche maniera – fosse anche per contrasto -, dagli incontri e dagli scontri che abbiamo condiviso con le persone che ci circondano. La nostra identità affonda le radici nelle relazioni umane che abbiamo costruito nel passato. L’origine di ciò che sappiamo, e persino quella delle nostre piccole nevrosi, può essere rintracciata  in qualche episodio che ha contrassegnato la nostra infanzia e la nostra adolescenza.
È questa l’idea che sorregge, ad esempio, la storia narrata nel film premio oscar di Danny Boyle, The Millionaire; ed è questa l’idea su cui, qualche anno prima, Greg Berlanti ha sviluppato la serie tv Jack & Bobby.

La storia inizia nel 2049, ma non si tratta di fantascienza. Del futuro del nostro mondo, noi spettatori vediamo soltanto la parete grigioazzurra di una stanza. Su questa schermata neutra, come in un qualunque documentario televisivo, si avvicendano alcuni personaggi intervistati; in sovraimpressione compaiono il loro nome e il loro ruolo. Davanti alla telecamera questi  personaggi parlano e si confidano, tutti sono lì per rispondere a domande su un medesimo argomento: il Presidente McCallister. Ma l’intento di questa storia non è quello di mitizzare il Presidente degli Stati Uniti, né di fare una, se pur velata, propaganda. Il Presidente McCallister potrebbe essere il premier eletto di qualunque grande nazione occidentale. Il punto è: qual è la strada che ha percorso per diventare l’uomo a cui, nel futuro, tutto il mondo guarderà con speranza e fiducia?
Ognuna delle persone a cui viene data la parola, membri dello staff, avversari politici, giornalisti, racconta qualche episodio o qualche caratteristica del Presidente, o, addirittura ricorda qualcuna delle sue azioni o posizioni apparentemente inspiegabili o irragionevoli.

L’autore condivide con lo spettatore il privilegio di conoscere la verità; quella che nessuno dei personaggi, preso singolarmente, possiede. Come se un sipario invisibile venisse sollevato, la macchina da presa ci riporta indietro nel tempo, nel 2004, quando Robert McCallister era solo un ragazzino di undici anni un po’ imbranato, troppo studioso e troppo attaccato alla madre. Rapportata alle sue esperienze passate, ogni scelta e ogni dichiarazione del Presidente (ma anche ogni menzogna, ogni sbaglio, ogni omissione colpevole), così come viene riferita dai testimoni del 2049, acquista, per noi spettatori, un significato completamente diverso, più profondo ed emozionante, di cui, forse, nemmeno lo stesso protagonista è consapevole.
Più lo spettatore scopre i ricordi di Robert e delle persone a lui vicine, più si rende conto di come ognuno di noi non sia mai solo. Non a caso il titolo della serie non è dedicato solo al piccolo Robert (Bobby) ma anche a suo fratello maggiore, Jack, che, pur essendo destinato a morire giovanissimo sotto le armi, si rivelerà un personaggio fondamentale nella formazione di Bobby. Così come fondamentale, per entrambi i fratelli, è la figura di Grace, la madre single dei due ragazzi, una docente di storia, progressista e femminista, determinata a combattere quotidianamente per difendere quello in cui crede.

Ma “essere gli altri” non significa  replicare le loro scelte o le loro convinzioni, quanto, piuttosto, interiorizzarli e portarli, in certo senso, sempre con noi. Lo scoprirà a proprie spese Grace, che, pur essendo un’attivista democratica e laica, si ritroverà sì un figlio presidente, ma di orientamento repubblicano, e, per di più, ordinato pastore protestante!
Eppure in Robert c’è tanto di sua madre Grace, così come di suo fratello Jack, al punto che, come riferiscono i suoi più stretti collaboratori, il Presidente McCallister avrebbe confessato loro più volte che la guida dello Stato sarebbe dovuta toccare a Jack e non a lui. Ma al coraggio e alla generosità di Jack, e alla rettitudine adamantina di Grace, Bobby ha unito la tenerezza e la compassione, diventando colui che tutto il mondo, nel 2049, chiama “The great bealiver”.
Dire che ciò che noi siamo dipende dai nostri familiari suonerebbe, forse, scontato, e, persino, un po’ freudiano. Greg Berlanti, uno dei più giovani e brillanti ideatori e produttori di serie televisive, allarga il respiro del racconto, supponendo che anche episodi apparentemente marginali della nostra esistenza – volti ed eventi che dopo qualche anno avremo dimenticato – piantino semi nelle nostre coscienze; semi che potrebbero germogliare e fiorire inaspettatamente molto tempo dopo.

Jack & Bobby è la storia, poetica e coinvolgente, di un’educazione morale e sentimentale. La narrazione è ricca di sorprese e rinuncia ai luoghi comuni e alle soluzioni troppo facili. La serie, pur avendo per protagonisti dei ragazzi, non utilizza i collaudati e triti meccanismi delle storie adolescenziali.  Il goffo e delicato Bobby (Logan Lerman), il coraggioso e atletico Jack (Matt Long), l’ombrosa Courtney (la futura first lady) e l’esplosiva Grace (Chritine Lahti) sono personaggi di cui ci si innamora immediatamente. I dialoghi riescono a coniugare perfettamente intensità e comicità, gli accostamenti tra passato e presente non sono mai banali e rivelano un sorprendente lavoro di sceneggiatura.

Jack & Bobby diverte e fa riflettere ma, soprattutto, fa sperare. Forse il ragazzino, o la ragazzina, di dieci anni che abbiamo incrociato stamattina andando al lavoro è destinato a diventare l’uomo o la donna che imprimerà una svolta etica a tutto il mondo occidentale, e, come suggerisce Berlanti, è compito di ognuno di noi aiutarlo/a a diventare tale. Forse proteggendolo quando non saremmo tenuti a farlo gli insegneremo a difendere i più deboli, perdonandolo quando ha sbagliato ma è pentito gli insegneremo che tutti meritano una seconda possibilità, amandolo anche se non è uguale a noi gli insegneremo la tolleranza. Migliorando noi stessi miglioriamo il mondo.
Ventidue puntate, un’unica stagione: una storia sui sentimenti ma senza sentimentalismi, che ci rammenta quanto sia fondamentale e delicato il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza. Infine, Jack & Bobby ricorda a noi pubblico di elettori, assuefatti alle più vergognose collusioni, quello che la politica dovrebbe essere: non strumento per sguazzare tra soldi facili e massaggiatrici compiacenti, ma arma per cambiare il mondo. In meglio.

Jack & Bobby
USA 2004
ideata da: Greg Berlanti
per il network: WB
con: Christine Lahti, Logan Lerman, Matt Long, Bradley Cooper