Mostro e mostruoso: due studi per interrogarci sulle nostre tante ombre quotidiane

Mostro può essere il tranquillo vicino di casa che cura le magnifiche rose del suo giardino o ognuno di noi, a dispetto dell’innocenza presunta o dichiarata. Mostruoso può essere un attacco di panico che colpisce a tradimento. Tra l’amore vezzoso e subalterno di genitori che, non sapendo educare, scelgono di accontentare sempre e comunque i figli e l’infanzia invisibile abbandonata in ogni angolo del mondo, ci sono bambini in scenari all’apparenza ‘ordinari’ che muoiono per crimini molto efferati e per mano di chi si prende cura di loro (soprattutto padri e madri). La cronaca, purtroppo, ci racconta, spesso con toni sovraeccitati e pruriginosi, queste vicende. Raccoglie, esamina e  interpreta solo fatti di cronaca il libro Mostri uccisori di bambini (Curcio editore, 2012) scritto da Francesco Bruno, psichiatra e criminologo, con Francesca Lonero, psicologa clinica e criminologa. Il libro è stato presentato all’università La Sapienza di Roma, nel corso della programmazione didattica del master in Scienze Forensi, coordinato anche da Bruno. Nella stessa circostanza è stato presentato pure il libro Il disturbo di panico (Alpes edizioni 2011), a cura degli psichiatri Donatella Marazziti e Niccolò Renda, disturbo ancora poco in evidenza, qualcosa di più (ha ricordato Renda) di “una malattia psichica ma una sindrome complessa che ha parecchi fattori che interagiscono” e comunque un disturbo sempre con una forte valenza relazionale. Il libro Mostri nasce dalla necessità di operare un chiarimento fondamentale: “Di mostri ne parlano tutti – ha chiarito Bruno – anche gente che si qualifica come criminologo senza esserlo. Li chiamano pedofili. Il primo motivo per cui ho voluto scrivere questo libro è che questi con i pedofili non c’entrano nulla. Il pedofilo vuole il bambino a scopo sessuale; il mostro per ammazzarlo, anche se crede di essere un pedofilo e di amare molto il bambino sia pure di un amore malato”. In realtà, è una patologia completamente diversa: “non possono soffrire il bambino che è in loro e l’ammazzano come insegna il caso Chiatti”.

Francesca Lonero, coautrice del libro, ha raccolto i casi di mostri non riconosciuti come tali, dai secoli passati ai giorni nostri. Paolo De Nardis, professore di sociologia alla Sapienza di Roma, ha fatto un excursus sul significato del vocabolo mostro e sull’accezione del termine nell’immaginario comune. Mostro allude infatti a qualcosa che si mostra e, in questo caso, qualcosa che si mostra non essendo mostrabile. “Anche nella letteratura dell’infanzia – ha osservato De Nardis – c’è il concetto di mostro che prende il bambino per ucciderlo e divorarlo; l’orco, qualcuno che ha a che vedere con la morte”: così nei racconti ‘classici’ di Perrault, dei fratelli Grimm, di Andersen. L’unica variante possibile è che “quando il bambino si fa ‘adulto’ nella furbizia (è il caso di Hansel e Gretel, Pollicino) diventa più forte del mostro e vince”. Pascoli ci ricorda con pietas che il fanciullino è in noi: va protetto e amato. Difficile amare il fanciullino interiore se è stato calpestato da una madre patologica o da un padre malato. Il mostro però è un archetipo forte, onnipresente nell’immaginario collettivo. “Erode compie la strage degli innocenti  per problemi di potere e perché ha paura. È la mitologia di uccidere la tenerezza”, ha detto De Nardis. Nell’antichità accadeva che un imperatore quale Tiberio nella sua villa a Capri usava i bambini come trastulli sessuali per poi farli uccidere quando se ne era stancato. A Sparta, è noto, erano gettati dalla rupe i bambini deformi o malati.

Anche la propaganda politica ama creare ‘mostri’. Quella dell’Italia anni ’50 ma anche la demagogia in tempi recenti, considerava l’avversario comunista l’orco che mangia i bambini. Nella vulgata della storia italiana diversa dalla storiografia ufficiale, i briganti sono i “mammoni”: è la mamma ad averli resi ‘mostruosi’ e cattivi. Insomma “nell’immaginario collettivo e in una certa pedagogia spicciola il tema del mostro è declinato e decodificato come qualcosa che può essere rappresentabile. Il problema è quando si passa dalla favola alla realtà”. Ai casi di cronaca: il piccolo Tommaso, Alessia e Livia, le gemelline svizzere scomparse (il padre Matthias Schepp si è suicidato buttandosi sotto un treno). D’altra parte, ha evidenziato Gino Saladini, medico legale, criminologo e scrittore (fece l’autopsia sui resti dei tre bambini di Tullio Brigida): “la mostruosità fa parte del genere umano. Il tempo cronologico comincia con un padre Kronos che uccide i figli appena nati”. Finché l’ultimo, Zeus, si salva perché  la madre Rea inganna il marito facendogli ingoiare, al posto del neonato, una pietra avvolta nelle fasce. Oppure in principio ci sono le madri assassine come Medea “che uccide i figli per far dispetto a Giasone”.  Saladini ha impresso, indelebile nella memoria, il ricordo di Tullio Brigida che si spolvera la forfora dalla camicia quando la moglie gi grida ‘maledetto’ in occasione del ritrovamento dei resti dei tre figli da lui uccisi,  a Cerveteri, vicino Roma. “Questo per dire dell’estrema essenzialità e semplicità dell’essere un mostro al di fuori di categorie nosografiche psichiatriche. Ci è accanto il mostro e cammina nelle strade”. Natale Fusaro, avvocato, criminologo, coordinatore didattico e scientifico del master in criminologia, ha ripercorso alcune vicende di mostri (il caso del Circeo, Izzo) sottolineando che dal punto di vista giudiziario “i mostri vanno giudicati e quanto meno ritenuti semi-infermi di mente. Tutti i mostri hanno problemi con la mamma, figuriamoci con il papà assente (come il caso del mostro di Firenze). Non c’è contrasto tra premeditazione e vizio di mente, la giurisprudenza lo dice, anzi, proprio il vizio di mente provoca la premeditazione”.

Camillo Loriedo, professore di psichiatria alla Sapienza di Roma e presidente fondatore della società italiana di Psicoterapia, ha osservato che ciò che unisce i due libri è  il fatto che affrontino argomenti o esecrati o considerati terribili (il mostro in noi e fuori di noi, compaia esso anche in forma di attacco di panico). “Mi occupo di famiglie e coppie e ho una lunga esperienza – ha raccontato Loriedo – la psicopatologia spesso è abbondantemente superata dalle coppie”. Loriedo ha ricordato il caso di Olindo e Rosa: “qualcosa di terribile che scatta tra due persone e un bambino che ci va di mezzo. Anche persone terribilmente malate non compiono delitti del genere. L’omicida è stato un bambino che uccide, un bambino che ha avuto esperienze con genitori che non l’hanno ucciso ma l’hanno portato a un tale punto di esasperazione che l’abusato diventa l’infanticida”. Accade anche che abbiamo bisogno di mostri per sentirci meglio, sani e normali; li creiamo perché se i mostri sono sempre gli altri la coscienza ci si alleggerisce: “anche questo è un aspetto da curare. Direi – ha concluso Loriedo – che il collegamento che funziona male ha prodotto non il mostro, ma la mostruosità. Ognuno di noi ha dentro il bambino e il mostro”. Tutto sta a come storia e vissuto familiare agiscono sulla sensibilità individuale e con quali risultati.

  Titolo: Mostri uccisori di bambini
Autori: Francesco Bruno, Francesca Lonero
Editore: Curcio (collana Electi)
Data di Pubblicazione: Gennaio 2012, p. 159, prezo 14,90 €

 Titolo: Il disturbo di panico
Curatore: Marazziti D., Renda N.
Editore: Alpes Italia
Data di Pubblicazione: Febbraio 2012, p. 120, prezzo: 14,00 €