Torino è grigia finché non la colori

Tra l’aprile e il maggio dello scorso anno, a Torino è stata inaugurata la prima galleria in Italia dedicata al mondo dell’arte urbana, o street art. Ricordo di aver provato un certo orgoglio leggendo la notizia dell’apertura della Galo Art Gallery, in quel di San Salvario – quartiere simbolo della Torino multietnica –, perché era significativa della capacità della città di fiutare nell’aria le correnti di innovazione che giungono dall’Europa, di farsi portavoce in Italia delle manifestazioni artistiche, musicali e culturali della scena cosiddetta alternativa. A Parigi e ad Amsterdam – per non parlare di Berlino – da anni ormai trovano sede gallerie e studi di street artists e tra le facciate dei palazzi, quando meno te l’aspetti, spuntano figure surreali che con i loro intensi cromatismi trasformano una porzione, spesso lugubre, di paesaggio urbano.

Nel frattempo, il capoluogo piemontese aveva trovato l’ennesima scusa per fregiarsi della nomea di “capitale” – European Youth Capital 2010 –; titolo che non scalda gli animi degli abitanti quanto il ricordo di Torino prima capitale d’Italia, o città olimpica nel 2006, ma è certamente meglio che Capitale dell’Albero, com’era accaduto l’anno precedente. Tra le varie iniziative legate alla manifestazione, ce n’è stata una, svoltasi tra l’ottobre e il dicembre scorsi, che ha drasticamente cambiato il volto della città, o almeno di alcuni suoi angoli. Mi riferisco al PicTurin Festival, un grande evento di arte murale che ha coinvolto e promosso l’interazione tra artisti locali e importanti nomi del panorama nazionale e internazionale, quali: Aryz, Dome, Grito, Morcky, Nychos, Roa, Sague, Sat, Spok, Zedz, Xtrm. Oltre 3500 mq di superficie, sparsi su tredici location diverse, hanno subito un make up rivalutante, i cui effetti, si spera durino a lungo.

Il primo intervento in cui, per abitudine, mi sono imbattuto è stato quello fatto sulle due facciate laterali di Palazzo Nuovo – sede delle facoltà umanistiche dell’Università di Torino – un’orribile struttura monolitica dall’apparenza prefabbricata che è una vera e propria ferita estetica di un grigiume opprimente nel cuore della città. Il monolito rimane, ma ora, arrivando da Piazza Vittorio, si ha il piacere di poter far scorrere la vista su gocce d’arcobaleno che sintetizzano alla perfezione l’importanza della manifestazione che, proprio come un temporale cromatico, ha ridato nuova vita alla città appesantita dall’atmosfera invernale. Giungendo dal lato opposto, invece, si è folgorati dalla malinconia dell’uomo blu nudo di Aryz e dai suoi vestiti che gli galleggiano a fianco a testa in giù. Dunque, dopo essermi informato su cosa ci fosse dietro quegli interventi artistici, sono andato alla ricerca dei loro fratelli e mi sono imbattuto in quattro enormi animali vestiti di tutto punto seduti su una panchina sulla parete esterna del Centro Culturale Italo-Arabo di Via Fiocchetto, in attesa che parta uno degli autobus della rimessa che vi si trova di fronte. Grazie a Mauro Fassino, invece, in Via Giachino, un gigantesco piccione iperrealistico ha trovato la sua dimora in un trompe-l’oeil “scavato” nel muro cieco di un palazzo; e in zona Campidoglio, Gianluca Scarano ha fatto esplodere i raggi di un sole giallo davanti a un ragazzino che li indica con gioia esterrefatta. Nessuno, neanche quel ragazzino, si sarebbe mai aspettato che una città a cui troppo spesso è stato associato il colore grigio, potesse rivestirsi di così tante sgargianti tinte e di altrettanto frizzante ingegno.

PicTurin Festival

Video della realizzazione dell’intervento sulla facciata di Palazzo Nuovo