Rebus

Pagina bianca
Come i tuoi minipiedi di neve nuova
(Sanguineti)

Giochi della mente oltre il tempo e lo spazio, giochi che sottintendono il mistero dell’essere quanto quello dell’esserci, e lo traducono in passatempo stile pocket coffee. La vita è tutto un rebus, in ogni epoca e ad ogni indirizzo. E l’Italia più che una penisola a forma di stivale è un compatto e intricato rebus geografico-politico-antropologico, grande enigma che non si lascia decifrare. Idonea ad accogliere “Ah che Rebus!” , mostra che si è appena aperta a Roma all’Istituto per la grafica, palazzo Poli, a un passo da fontana di Trevi. Mostra eccentrica e multicentrica che espone “Cinque secoli di enigmi tra arte e gioco in Italia”.
Le due curatrici, Antonella Sbrilli e Ada De Pirro, hanno messo in piedi l’esposizione grazie al supporto di uno specialista e figlio d’arte, Stefano Bartezzaghi, e alla consulenza scientifica di un gruppo di studiosi. La mostra si snoda attorno alla storia del rapporto tra arte e rebus e presenta, in originale o fac simile, opere di particolare interesse.

Che ora il rebus sia considerato un classico dell’enigmistica, magari da risolvere in treno, in sala d’attesa dal dentista o pre-parto,  in genere nel cosiddetto tempo libero, è nozione acquisita. Ma di per sé è faccenda intricata, misteriosa tanto quanto la nostra permanenza in terra: dall’etimologia non del tutto chiara né definita una volta per tutte, alla sua componente simbolica, fino al suo essere proiezione e tentativo di soluzione insieme dei trabocchetti e delle astuzie dell’intelletto smussati in forma di gioco. Rapporto di potere tra ideatore e probabile solutore. Chi sia stato il primo ideatore, è questione da enigmistica che tira in ballo la notte dei tempi e anche i tempi prima della notte (e del giorno). Però nel contesto della mostra, se devi cercare un padre fondatore italiano, ecco che, tanto per cambiare, spunta fuori quel genio multiforme, multi facciale e vorticoso di Leonardo da Vinci, che amava frequentare i territori dell’enigma, del simbolo, del sottostrato misterioso e quindi dell’inconscio (Monna Lisa ne sa qualcosa). Leonardo si dilettava a comporre le cosiddette cifre figurate, presentate anche in un video e fonte di ispirazione di installazioni di artisti contemporanei.  Ne inventava a profusione. Un colle associato a dei pifferi, nella grafia dell’epoca s’intende (“col” e “piferi”), stava a indicare i “colpi feri”, insomma colpi feroci,  colpi di nemici, o allusioni ad agguati e battaglie. Però la denominazione invalsa nell’uso è stata quella di rebus e non di cifre figurate. Che forse è l’equivalente del latino “con le cose” per indicare un concetto che può essere espresso tramite delle cose. Etimologia non certa perché contesa con un’altra che rimanda ad antichi vocaboli francesi o tedeschi.

Rompicapo da decifrare, disegno che cela una frase, costruzione logica, passatempo. Tutto questo è il rebus che però ha una storia universale remotissima, dagli egizi in poi, e una storia patria almeno di cinque secoli, tra arte, letteratura, divertissement , satira politica, polemica, graffito, messaggio pubblicitario.  La mostra si incarica di documentare un percorso logico e creativo insieme, che da Leonardo, passando per i ventagli enigmistici degli incisori Stefano Della Bella e Giuseppe Maria Mitelli, conduce dritto alla Pop art, intersecando arti e saperi. Il percorso si apre con l’accostamento di due dipinti: il Ritratto di Lucina Brembate di Lorenzo Lotto, 1518 circa, e il Personaggio in grigio di Osvaldo Licini, 1944. In entrambi, la luna è unita a delle lettere per suggerire un nome (Lucina) o una serie di parole potenziali, in uno scambio fra figure e lettere, fra visibile e leggibile.

Le imprese del Rinascimento, gli emblemi, le marche tipografiche, ma anche i loghi delle aziende moderne, così come la comunicazione pubblicitaria presentano talvolta la forma del rebus, “un meccanismo interattivo che coinvolge l’intelletto”, è l’avvertenza che contiene la presentazione della mostra.
Il confronto serrato tra antico e moderno, fa della rassegna un viaggio sincronico tra arte e rebus nei secoli. I rebus dell’Ottocento, con le loro lettere animate, sono accostati agli esperimenti futuristi, giochi ad oltranza e fine a sé stessi, come nel disegno Marinetti ferito dei fratelli Cangiullo. Le atmosfere metafisiche dei Bagni misteriosi di Giorgio De Chirico dialogano sia con le vignette dei rebus moderni con dipinti, video, disegni contemporanei legati all’enigma. Il rebus si presta anche a trasmettere messaggi velati di taglio politico, satirico, storico. Dal Risorgimento al ’68, ideali politici e sociali sono stati espressi in forma di rebus su fogli volanti, riviste, dipinti e libri d’artista. Per la prima volta in mostra, restaurato per l’occasione, il grande drappo con un lungo rebus dedicato a Pio IX per l’amnistia concessa nel 1846.

rebus Leonardo Da VinciIl gioco è poesia e la poesia è gioco, genere cifrato per antonomasia. Un grande lessicomane come il poeta Edoardo Sanguineti, che praticava  manipolazioni verbali e acrobatici giochi linguistici, intitolò proprio una sua raccolta poetica Rebus, segnalando però la differenza: “la nozione di rebus è al fondo di tutte le mie poesie, non solo di queste. Detto più chiaramente: io penso che ogni testo poetico nasconda un sottotesto, sia in qualche modo un indovinello, e perciò mobiliti tanto l’interpretazione che la critica. La differenza tra un indovinello in senso enigmistico e un indovinello in senso poetico è che il primo ha una sola soluzione e il secondo ne ha infinite. Ci sono diecimila modi di leggere L’infinito di Leopardi e in ciascuno di essi abita una parte di verità”. Le poesie di Sanguineti sono riprese in alcune delle opere grafiche presentate.

C’è poi il rebus che c’è più familiare, quello dell’enigmistica, e di una rivista, la Settimana enigmistica di casa nelle case di tanti. Le vignette disegnate dall’illustratrice milanese Maria Ghezzi in arte Brighella, sono un pezzo della nostra storia, riprese nei quadri di artisti quali Renato Mambor e Tano Festa negli anni ’60 e ’70.
Il rebus è anche, tra le tante cose, gioco d’amore. “Ah che rebus”, prima d’essere il titolo della mostra è il titolo di una canzone di Paolo Conte, di cui c’è anche un’opera esposta: un rebus inedito.
Il rebus, il gioco di parole, è anche linguaggio del potere. Il nostro premier, ritornato di buon umore più che mai dopo la riconferma dell’incarico strappata per un pelo, con grande vanto in una conferenza stampa ha anagrammato il suo nome e cognome, Silvio Berlusconi, in “unico boss virile”. Potrebbe essere materia di un’altra rassegna, nell’ambito però di studi psicopatologici. Intanto, però,  a sciogliere il grave rebus italiano, nessuno si candida mai davvero. Mancano abili solutori da un pezzo. Anzi, viene da pensare: ma ci sono mai stati?

Istituto Nazionale per la Grafica
Palazzo Poli
Via della Stamperia, 6 Roma

Dal 17 dicembre 2010 all’ 8 marzo 2011
Ingresso libero
Orario: 10 –19. Chiuso Il lunedì

Tel. +39 06 69980242 06 69980257;
Informazioni 06 69980242-257
email: in-g.rebus@beniculturali.it

REBUS: IN MOSTRA 5 SECOLI DI ENIGMI ITALIANI, TRA ARTE, GIOCIO E SOTTERFUGIO

 

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Come i tuoi minipiedi di neve nuova (Sanguineti)

 

Giochi della mente oltre il tempo e lo spazio, giochi che sottintendono il mistero dell’essere quanto quello dell’esserci, e lo traducono in passatempo stile pocket coffee. La vita è tutto un rebus, in ogni epoca e ad ogni indirizzo. E l’Italia più che una penisola a forma di stivale è un compatto e intricato rebus geografico-politico-antropologico, grande enigma che non si lascia decifrare. Idonea ad accogliere “Ah che Rebus!” , mostra che si è appena aperta a Roma all’Istituto per la grafica, palazzo Poli, a un passo da fontana di Trevi. Mostra eccentrica e multicentrica che espone “Cinque secoli di enigmi tra arte e gioco in Italia”.

Le due curatrici, Antonella Sbrilli e Ada De Pirro, hanno messo in piedi l’esposizione grazie al supporto di uno specialista e figlio d’arte, Stefano Bartezzaghi, e alla consulenza scientifica di un gruppo di studiosi. La mostra si snoda attorno alla storia del rapporto tra arte e rebus e presenta, in originale o fac simile, opere di particolare interesse.

Che ora il rebus sia considerato un classico dell’enigmistica, magari da risolvere in treno, in sala d’attesa dal dentista o pre-parto, in genere nel cosiddetto tempo libero, è nozione acquisita. Ma di per sé è faccenda intricata, misteriosa tanto quanto la nostra permanenza in terra: dall’etimologia non del tutto chiara né definita una volta per tutte, alla sua componente simbolica, fino al suo essere proiezione e tentativo di soluzione insieme dei trabocchetti e delle astuzie dell’intelletto smussati in forma di gioco. Rapporto di potere tra ideatore e probabile solutore. Chi sia stato il primo ideatore, è questione da enigmistica che tira in ballo la notte dei tempi e anche i tempi prima della notte (e del giorno). Però nel contesto della mostra, se devi cercare un padre fondatore italiano, ecco che, tanto per cambiare, spunta fuori quel genio multiforme, multi facciale e vorticoso di Leonardo da Vinci, che amava frequentare i territori dell’enigma, del simbolo, del sottostrato misterioso e quindi dell’inconscio (Monna Lisa ne sa qualcosa). Leonardo si dilettava a comporre le cosiddette cifre figurate, presentate anche in un video e fonte di ispirazione di installazioni di artisti contemporanei. Ne inventava a profusione. Un colle associato a dei pifferi, nella grafia dell’epoca s’intende (“col” e “piferi”), stava a indicare i “colpi feri”, insomma colpi feroci, colpi di nemici, o allusioni ad agguati e battaglie. Però la denominazione invalsa nell’uso è stata quella di rebus e non di cifre figurate. Che forse è l’equivalente del latino “con le cose” per indicare un concetto che può essere espresso tramite delle cose. Etimologia non certa perché contesa con un’altra che rimanda ad antichi vocaboli francesi o tedeschi.

Rompicapo da decifrare, disegno che cela una frase, costruzione logica, passatempo. Tutto questo è il rebus che però ha una storia universale remotissima, dagli egizi in poi, e una storia patria almeno di cinque secoli, tra arte, letteratura, divertissement , satira politica, polemica, graffito, messaggio pubblicitario. La mostra si incarica di documentare un percorso logico e creativo insieme, che da Leonardo, passando per i ventagli enigmistici degli incisori Stefano Della Bella e Giuseppe Maria Mitelli, conduce dritto alla Pop art, intersecando arti e saperi. Il percorso si apre con l’accostamento di due dipinti: il Ritratto di Lucina Brembate di Lorenzo Lotto, 1518 circa, e il Personaggio in grigio di Osvaldo Licini, 1944. In entrambi, la luna è unita a delle lettere per suggerire un nome (Lucina) o una serie di parole potenziali, in uno scambio fra figure e lettere, fra visibile e leggibile.
Le imprese del Rinascimento, gli emblemi, le marche tipografiche, ma anche i loghi delle aziende moderne, così come la comunicazione pubblicitaria presentano talvolta la forma del rebus, “un meccanismo interattivo che coinvolge l’intelletto”, è l’avvertenza che contiene la presentazione della mostra.

Il confronto serrato tra antico e moderno, fa della rassegna un viaggio sincronico tra arte e rebus nei secoli. I rebus dell’Ottocento, con le loro lettere animate, sono accostati agli esperimenti futuristi, giochi ad oltranza e fine a sé stessi, come nel disegno Marinetti ferito dei fratelli Cangiullo. Le atmosfere metafisiche dei Bagni misteriosi di Giorgio De Chirico dialogano sia con le vignette dei rebus moderni con dipinti, video, disegni contemporanei legati all’enigma. Il rebus si presta anche a trasmettere messaggi velati di taglio politico, satirico, storico. Dal Risorgimento al ’68, ideali politici e sociali sono stati espressi in forma di rebus su fogli volanti, riviste, dipinti e libri d’artista. Per la prima volta in mostra, restaurato per l’occasione, il grande drappo con un lungo rebus dedicato a Pio IX per l’amnistia concessa nel 1846.

Il gioco è poesia e la poesia è gioco, genere cifrato per antonomasia. Un grande lessicomane come il poeta Edoardo Sanguineti, che praticava manipolazioni verbali e acrobatici giochi linguistici, intitolò proprio una sua raccolta poetica Rebus, segnalando però la differenza: “la nozione di rebus è al fondo di tutte le mie poesie, non solo di queste. Detto più chiaramente: io penso che ogni testo poetico nasconda un sottotesto, sia in qualche modo un indovinello, e perciò mobiliti tanto l’interpretazione che la critica. La differenza tra un indovinello in senso enigmistico e un indovinello in senso poetico è che il primo ha una sola soluzione e il secondo ne ha infinite. Ci sono diecimila modi di leggere L’infinito di Leopardi e in ciascuno di essi abita una parte di verità”. Le poesie di Sanguineti sono riprese in alcune delle opere grafiche presentate.

C’è poi il rebus che c’è più familiare, quello dell’enigmistica, e di una rivista, la Settimana enigmistica di casa nelle case di tanti. Le vignette disegnate dall’illustratrice milanese Maria Ghezzi in arte Brighella, sono un pezzo della nostra storia, riprese nei quadri di artisti quali Renato Mambor e Tano Festa negli anni ’60 e ’70.

Il rebus è anche, tra le tante cose, gioco d’amore. “Ah che rebus”, prima d’essere il titolo della mostra è il titolo di una canzone di Paolo Conte, di cui c’è anche un’opera esposta: un rebus inedito.

Il rebus, il gioco di parole, è anche linguaggio del potere. Il nostro premier, ritornato di buon umore più che mai dopo la riconferma dell’incarico strappata per un pelo, con grande vanto in una conferenza stampa ha anagrammato il suo nome e cognome, Silvio Berlusconi, in “unico boss virile”. Potrebbe essere materia di un’altra rassegna, nell’ambito però di studi psicopatologici. Intanto, però, a sciogliere il grave rebus italiano, nessuno si candida mai davvero. Mancano abili solutori da un pezzo. Anzi, viene da pensare: ma ci sono mai stati?

 

 

Istituto Nazionale per la Grafica
Palazzo Poli
Via della Stamperia, 6 Roma

Dal 17 dicembre 2010 all’ 8 marzo 2011
Ingresso libero
Orario: 10 –19. Chiuso Il lunedì

Tel. +39 06 69980242 06 69980257;
Informazioni 06 69980242-257
email: in-g.rebus@beniculturali.it

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