Voci liberate, sguardi etici

Quattro giorni dentro la fotografia. Quattro giorni dentro quella fotografia che sa tendere un filo tra l’immagine e l’occhio, che è in grado di trasmettere emozione e informazione, in grado di rimanere sospesa tra giornalismo, arte e sentimento.
Questa è la fotografia che è stata protagonista del Festival della Fotografia Etica, (Lodi tra l’11 e il 14 Marzo 2010), primo evento a livello nazionale e internazionale interamente dedicato all’approfondimento della relazione tra etica, comunicazione e fotografia.

Nata da un’idea del Gruppo Fotografico Progetto Immagine, la manifestazione ha visto l’alternarsi di mostre, dibattiti, videoproiezioni che hanno saputo illustrare l’aspetto eticamente sensibile della fotografia intesa come strumento di conoscenza e di divulgazione di tematiche umanitarie.

Etica come completamento dell’estetica.
Nella sua accezione etimologica di “conoscenza per mezzo dei sensi”, l’estetica incontra nella fotografia etica, nella fotografia che pone al centro l’uomo e la sua storia, il suo completamento. L’eccezionale qualità delle immagini, la forza del bello diventano strumenti di indagine umana e sociale. La luce e il colore nel reportage di Luca

Catalano Gonzaga si mettono al servizio del racconto della condizione del lavoro minorile in Nepal; i ritratti di Robert Knoth ti guardano e ti attraversano gli occhi per narrare le conseguenze della catastrofe nucleare di Chernobyl; i chiaroscuri delle inquadrature di Francesco Zizola sottolineano la violenza della realtà quotidiana in Colombia.

Etica che va oltre l’estetica.
Perché la fotografia si fa testimonianza, interroga l’osservatore, rivela la necessità di una presa di coscienza di fronte a certe situazioni. Ne sono esempio i progetti di photo-collectives, gruppi di fotografi e giornalisti indipendenti, che in questi giorni hanno presentato videoproiezioni in cui le immagini si sono intrecciate a musiche e a parole per documentare tematiche sociali, culturali e ambientali: le conseguenze dei cambiamenti climatici (Collectif Argos), l’oppressione e il razzismo nella realtà israelo-palestinese (Activestilles), la relazione tra uomo e ambiente (Terra Project).

Etica che supera i limiti del prodotto fotografico in sé e per sé.
È il caso della cosiddetta fotografia partecipativa promossa dal collettivo spagnolo Ruido: situazioni di disagio vengono raccontate non dal fotografo, ma dai protagonisti stessi di quelle realtà, che da soggetti della foto ne diventano artefici. E la fotografia acquista così nuovo potere, da mezzo di conoscenza a mezzo di autoconoscenza, di autorappresentazione. Sulla stessa linea si pongono i laboratori fotografici nelle unità psichiatriche ospedaliere, che hanno fatto della fotografia un mezzo di terapia, di avvicinamento all’altro e di ricostruzione dell’identità personale, in cui l’obiettivo diventa l’occhio stesso del paziente.

Etica del fotografo.
Perché le immagini devono attenersi ai concetti di dignità, rispetto, verità. La sua attività, spesso a servizio di ONG, non è solo un lavoro, ma una passione e ha una missione, quella di fare giornalismo attraverso immagini, perché il fotografo è un narratore di storie e parla con le foto.

Il Festival ha saputo così presentare il panorama di tutte le sfumature etiche della fotografia, una fotografia che non è solo da guardare, ma anche da leggere e da ascoltare; una fotografia che è storia perché non presenta solo il soggetto, ma racconta l’intera realtà di cui esso fa parte.

Le mostre resteranno aperte sino a Domenica 21 Marzo 2010
Ingresso gratuito
Per informazioni su orari e luoghi di esposizione  www.festivaldellafotografiaetica.it