65daysofstatic are exploding anyway

La sera del 14 novembre ho assistito, con alcuni amici, al concerto dei 65daysofstatic. Si tratta di quattro ragazzi di Sheffield noti nel panorama musicale post-rock contemporaneo grazie ai tre precedenti e benaccolti lavori, The fall of math (2004), One time for all time (2005) e The destruction of small ideas (2007). Nella primavera del 2010 è uscito il loro ultimo album We were exploding anyway, un disco che palesa una vena sinth, elettronica e insieme math-rock.

Il gruppo inglese sale sul palco attorno alle 22, dopo una mezz’oretta di musica affidata a un gruppo spalla (un duo chitarra, basso e drum machine), e l’atmosfera del locale milanese, il Tunnel, si scalda immediatamente. La scaletta dei pezzi scelta dalla band è fortemente influenzata dalla recente uscita, ad ottobre di quest’anno, di un EP dal titolo Heavy sky, come conferma la scelta di aprire l’esibizione con Pacify e Px3. A seguire Piano fight, un brano che alterna momenti melodici a un suono secco di chitarra elettrica.

Al quarto pezzo il pubblico si muove incontenibile, riconoscendo la disarmante Retreat! Retreat!. Il Tunnel diviene un’onda umana, mentre scorrono i brani tratti da We were exploding anywere si passa dall’accensione isterica di Weak4 alla progressione elettro-rock di Dance dance dance fino all’epica e finale Tiger Girl, quasi 11 minuti di pura adrenalina. La cifra distintiva del quartetto di Sheffield è quella di essere una formazione rock con attitudini e struttura da band elettronica. La presenza di una batteria “umana” e di una telecaster mutuata dall’indi-rock trovano un’alchimia simbiotica con le metriche ossessive scandite dal campionatore. Il risultato è una musica che faccia ballare, oltre ai nostri corpi, le nostre sinapsi, che costringa alla riflessione proprio mentre spinge al movimento, scatenando rewind infiniti della mente persi in altrettanto infinitamente lunghe pozzanghere cerebrali.

65daysofstatic - we were exploding anyway (cover)Sto ascoltando un disco o sto seguendo una performance live? È questa la domanda che mi sono posta di fronte a questo sfoggio di precisione che nulla ha da invidiare a una registrazione in studio. E se tutto questo non vi avesse convinto a concedere una chance di ascolto a questi quattro ragazzi con il ritmo nel sangue, vi assicuro che anche solo guardarli ballare sul palco sarebbe valso il prezzo del biglietto.