Borgata Gordiani, un inedito ritratto dei ragazzi di vita

Borgata Gordiani emana, spiccatissimo, il sapore acre della nostalgia ustionante rivolta a un tempo relativamente recente e già lontanissimo, tramontato per sempre; distante anni luce da noi altri, figli dell’omologazione su scala planetaria, privi di segni di riconoscimento, figurarsi di identità. Colafranceschi, detto Cola, Farinacci er communista, Franchino er carozziere, Pino er matricida, Limone alto alto; tutti marchiati al fuoco della marginalità, sono autentici ‘ragazzi di vita’ i protagonisti del racconto scritto negli anni ‘70 da Aldo Colonna (scrittore, critico cinematografico e regista) ora pubblicato per la prima volta dall’editore Skira con la consueta cura, nella collana di narrativa. Il libro è da poco stato presentato a Roma dall’autore supportato dallo scrittore Raffaele La Capria, che ne ha curato la prefazione, dall’attore pasoliniano per eccellenza Ninetto Davoli, e dal regista Carlo Lizzani.

Si legge nella prefazione di La Capria: “Viene pubblicato per la prima volta un racconto scritto all’epoca in cui i ‘ragazzi di vita’ facevano ancora colpo. Pasolini li aveva mostrati nei suoi film e nei suoi libri ed erano loro, quei ragazzi, che con la loro feroce naturalità facevano irruzione in una letteratura dove i personaggi provenivano quasi sempre da un mondo borghese più educato e anche più convenzionale, un mondo che Pasolini voleva sovvertire”. Immortalati nel racconto fatto in prima persona da uno di loro, lui per primo stretto nella morsa del ricordo, sono i rappresentanti di quello stesso sottoproletariato urbano romano di Accattone, Ragazzi di vita, Una vita violenta: veri e truci come la vita che gli grava addosso tra discriminazioni, fame, miseria, disgrazia di non riuscire a trovare un senso né un modo di sfuggire a un destino dato. Il racconto svela l’urgenza di esistere sia pure attraverso bravate, azioni al limite della decenza e della legalità, teppismo e pratica sfrenata del sesso: modalità di affermarsi che hanno il sapore della disperazione e svelano anime fragili costrette a diventare caricature. Sono i rappresentanti di una drammatica vitalità che cerca di emergere anche attraverso  la fantasia linguistica, l’invenzione di un codice stralunato e sarcastico, macchie di colore lessicale che diventano sfida al sistema. È appena stato celebrato il 37 esimo anniversario della morte di Pierpaolo Pasolini, (lo scrittore, poeta e regista fu trovato morto il 2 novembre del 1975 in un campo incolto in via dell’Idroscalo a Ostia) e la scelta di pubblicare quest’inedito oggi suona come un implicito omaggio all’anomalo cantore della borgata e delle esperienze di marginalità il quale però, da ‘corsaro’ nel frattempo con lente preveggente poteva scorgere con esattezza il futuro prossimo della società italiana:  “L’omologazione culturale ha cancellato dall’orizzonte le ‘piccole patrie’, le cui luci brillano ormai nel rimpianto, memorie sempre più labili di stelle scomparse – scriveva Pasolini – Come polli d’allevamento, gli italiani hanno indi accettato la nuova sacralità, non nominata, della merce e del suo consumo: è questa la nuova società nella quale oggi ci muoviamo, testimoni e vittime dei lutti culturali”.  Al tempo stesso il racconto svela i suoi limiti, l’essere invecchiato in fretta a causa dell’accelerazione di una storia che ha stravolto luoghi e paesaggi urbani, categorie e identità sociali. È lo stessa voce narrante a dichiarare la resa a conclusione del racconto: “La borgata sembra uno sterrato raso dalla Bomba (…). Come un reperto archeologico, appena tracciato, di cui scorgiamo a malapena i tratti, solo qualche rudere ancora in piedi (…)”.

Più del racconto in sé, allora, coinvolge convince e appassiona la postfazione dello stesso Aldo Colonna. Un memoriale intimo e pubblico insieme, più forte del pezzo ‘di maniera’, che va a ricomporre  pezzi di memoria: un certo Pasolini e un certo Moravia; primi piani su una Roma sparita;  iniziazioni al fiume, o altre prove iniziatiche al sapor etilico consumate ai Castelli romani. Un mondo sparito perché il proletariato “oggi è stato sostituito da bruttoni perennemente a cavallo di fuoristrada improbabili e minacciosi”, scrive Colonna. Ricorda poi: “è in via Gordiani che ho conosciuto Pier Paolo. Avevo sì e no tredici anni e lui girava, appunto, Accattone. Gli stavamo sempre dietro io con altri quattro, cinque ‘pischelli’, e lui ci guardava divertito, nient’affatto infastidito, regalandoci a turno un buffetto. (…) Pasolini lo avrei visto spesso sui campetti di calcio delle periferie. Quando cominciai a proporgli le mie poesie, mi diede una volta appuntamento al campetto prospiciente l’aeroporto di Centocelle”. Colonna solo ultimamente ha scoperto che il suo nome era in una lista di giovani poeti che avrebbero fatto parte di un’antologia che Pasolini andava curando. “Meno male – scrive  – che non l’ho saputo allora, mi sarei montato la testa e sarei andato a gonfiare le fila dei tanti ‘nipotini’ che discettano in decine di trasmissioni fulminati da tanto imprimatur”. E sono molti a rivendicare improbabili eredità spirituali, filiazioni verso il poeta di Casarsa che sanno di falso e non d’autore.

ColonnaGordianiCover_okTitolo: Borgata Gordiani
Autore: Aldo Colonna
Editore: Skira (collana NarrativaSkira)
Data di Pubblicazione: Ottobre 2012, Pagine: 96, Prezzo: 12,00 €

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