Dopo la tv c’è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte – l’Italia secondo Boris

Domenica sera. Sono, come al solito, di fronte al computer a leggiucchiare qualcosa quando squilla il telefono. Rispondo, amici. Mi comunicano che se divento liker della pagina Boris il Film su Facebook posso vincere biglietti per un’ anteprima che si terrà il giorno dopo presso il multisala Uci Cinemas di Milano Fiori. Non ci penso su due volte, mi loggo e partecipo al contest che, dopo pochi secondi, vinco. Una mail nella mia casella mi dice che ho diritto a due biglietti gratuiti. Quasi esulto per la manna ricevuta, mica mi è mai capitata una roba del genere. E poi Boris in anteprima, un film che tutti, me compreso, nonostante i preconcetti da snob che mi contraddistinguono, stanno aspettando.

La serie tv dopo tre fortunatissime stagioni approda sul grande schermo e tutti coloro che l’hanno apprezzata, e sono molti, non aspettano altro da mesi. Si parlava di un anti-cinepanettone poi però la data è stata spostata verso un più consono, forse, primo aprile. E io alla fine buono, buono aspettavo il mio turno quando mi viene fatto questo inaspettato regalo. Che, in fin dei conti, non mi ha sorpreso più di tanto. Il modo in cui Boris è stato sempre pubblicizzato e promosso, dai tempi della serie, sembra stridere con tutte le logiche di mercato, almeno quelle tradizionali. Avendo un pubblico culturalmente elevato e internet -friendly (credo, anzi ne sono convinto, che il successo di pubblico sia dovuto più alla rete che ai canali di pay tv su cui è stato trasmesso) le strategie comuni sono state ribaltate tant’è che le ultime due puntate della terza serie erano state rilasciate in anteprima sul myspace del telefilm (ricordo bene?). Roba inconcepibile.

E ora i promotori del film che fanno? Semplice regalano biglietti a mezza Italia per delle anteprime che anticipano l’uscita del film di quasi una settimana. Noi non possiamo che ringraziare, prendere atto della singolare dinamica e recarci senza alcuna esitazione verso la sala preposta. Partiamo con largo anticipo perché non sappiamo assolutamente in quale luogo sperduto dell’hinterland milanese si trovi il cinema per poi scoprire che in realtà è a cento metri dalla neo-fermata Assago Nord, immerso  in una cittadella innaturale in cui gli unici negozi presenti sono  fast food di tutti i tipi da cui fuoriesce lo stesso medesimo gradevole odore: quello di olio fritto saturo . Per il resto tutta campagna e autostrada.

Il cinema è pieno e la fauna rappresentata, come si poteva immaginare, è quella di ragazzi, più o meno trentenni, che ben si possono identificare nel protagonista iniziale della serie, Alessandro, simbolo del precariato sociale, intellettuale, totale in cui ci si muove, ormai forse da troppo tempo, in questo paese. C’è addirittura chi si è spinto a portare un pesce rosso in un vasetto, incarnando le attese in un gesto inequivocabile. Boris è dunque un fenomeno generazionale? Sì e no, probabilmente è stato uno dei prodotti meglio riusciti all’industria culturale italiana degli ultimi anni, una sit-com dove la tragedia (e la morte) sono  sempre dietro l’angolo, in cui a paillettes e lustrini fa da contraltare la descrizione amara, disillusa e impietosa di un paese allo sfascio, in cui la decadenza stessa diventa oggetto di risate, grasse, sguaiate e liberatorie. E forse dietro questa propensione al carnevalesco si nasconde la vera essenza del popolo italiano, talmente legato a se stesso e alle sue macchiette da riderne anche se sa che non sono divertenti (Martellone, la linea comica, ne è l’esatta esemplificazione).

E il film in questo non tradisce la serie, anzi, si presenta ancora più cinico e pessimista se possibile. Scherza con gli spettatori ed è violento nella sua critica al mondo televisivo/cinematografico/culturale evidenziando come questo in realtà non ci sia, non esista. Casomai vi sono delle nicchie, ma è tutto qui. Diego Lopez, viscido direttore di rete, lo evidenzia bene nelle prime battute del film dopo che il regista René Ferretti, stanco della monezza che sta girando minaccia di passare alla concorrenza: “La concorrenza?” – dice –  “Ma che minchia dici, la concorrenza non esiste. Siamo noi la concorrenza”. Ecco dietro questa frase crudele e senza speranza pronunciata praticamente all’inizio del film c’è tutta la verità del ridicolo e sciatto declino di una nazione e dei suoi abitanti.

Della trama non dirò di più, chi ha seguito la serie in questi anni si troverà perfettamente a suo agio, chi invece non l’ha fatto e ha intenzione di vedere il film (che consiglio) non avrà particolari problemi anche se gustarsela per intero prima della visione è vivamente caldeggiato. Un elemento senz’altro positivo è che il film non è slegato dalle puntate precedenti, anzi. L’operazione sembra proprio essere la conclusione di un ciclo iniziato anni fa forse un po’ per gioco, quasi per scommessa e terminato nell’anno 2011 per acclamazione di pubblico. Gli scettici ci sono e hanno le loro ragioni, più o meno buone, ma non si può assolutamente dire che Boris non sia (stato) il fenomeno che è. Forse l’unico (ripeto) prodotto culturale capace di unire il sentire di un’intera generazione, quella che ha perso le speranze in se stessa e, più in generale, nel paese. Una generazione colpita, massacrata, distrutta che rischia di non avere, oltre al presente, un futuro.

[spoiler alert]

E ‘sti cazzi!!!

Boris il film – ITA, 2011
di Ciarrapico, Torre, Vendruscolo
Con Luca Amorosino, Valerio Aprea, Ninni Bruschetta, Paolo Calabresi, Antonio Catania, Carolina Crescentini, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggeri, Alberto Di Stasio, Roberta Fiorentini, Caterina Guzzanti, Francesco Pannofino, Andrea Sartoretti, Pietro Sermonti, Alessandro Tiberi, Giorgio Tirabassi
Commedia – 108 min.
Wildside – 01 distribution

Nelle sale dal 1 aprile

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