From Dude to Legend

Perdonatemi ma devo scriverlo. C’è un personaggio che non può non venirvi in mente vedendo Jeff Bridges pigro, mezzo sbronzo, con la barba incolta, sorseggiare placidamente un drink al bancone del bar di una sala da bowling. In quel caso era white russian, questa volta è whiskey. Il personaggio di allora era Jeffrey Lebowski, the Dude per gli amici, questo è Bad Blake, the Legend per i fan della musica country. Il parallelo costruito dal regista (esordiente) Scott Cooper in questa scena di apertura di Crazy Heart è troppo evidente perché un fan de Il Grande Lebowski (come me e tanti altri) possa non notarlo. E in effetti, benché i due film siano molto distanti tra loro, tutto sommato i due personaggi sono molto più vicini di quanto uno non sia inizialmente disposto ad ammettere. Condividono la bontà d’animo, una certa ingenuità e candore, la rassegnata, placida, accettazione della propria decadenza e lo stordimento tossico/alcolico. Quello che li separa invece è il talento.
Se the Dude era un semplice perdigiorno, Bad Blake è uno dei più grandi songwriter della sua generazione e della storia del country, il folk-rock che viene dal west, dal deserto dell’Arizona, dal New Mexico, dal Texas. Bad Blake è stato grande e la sua musica resterà immortale, come si legge negli occhi del pubblico dei suoi concerti ormai relegati in piccolissimi locali di provincia, ma la sua vita è a un capolinea. 57 anni, un carattere ruvido, la mancanza d’ispirazione per scrivere nuovi pezzi e una pesante dipendenza dagli alcolici. La leggenda della country music è sull’orlo dell’autodistruzione che, immancabilmente, non potrebbe che avvenire sul palco, un po’ come l’autodistruzione del wrestler di Mickey Rourke non può avvenire che sul ring. Bad Blake è stato grande e ha vissuto con il suo furgone, la sua chitarra, la sua musica e il suo pubblico, e con loro è pronto a morire. Del resto Bad Blake non ha mai saltato un suo concerto e mai sarebbe disposto a farlo.

Ma qualcosa cambierà perché la sua indole e il suo talento lo hanno aiutato a costruirsi attorno una rete di affetti, vecchi e nuovi, che lo spingeranno a rimettersi in piedi. Robert Duvall, suo amico di sempre, Colin Farrell, vecchio allievo ora sulla cresta dell’onda, Maggie Gyllenhaal, giovane giornalista che rappresenterà l’incontro decisivo per dare una svolta alla sua vita. Oltre ai suoi fan, naturalmente.

Crazy Heart è un bel film, i cui highlights sono gli splendidi scenari del west, la bella musica scritta in gran parte da T-Bone Burnett ed eseguita dagli interpreti del film, e, soprattutto, Jeff Bridges che grazie a Bad Blake porta a casa la meritata statuetta (e canta anche bene!). Ispirato quanto lui, anche se in un personaggio minore, è Robert Duvall, che del film è anche produttore. Brava e azzeccata anche Maggie Gyllenhaal mentre meno in parte mi è sembrato invece Colin Farrell e come lui un po’ tutto il film ci è sembrato un po’ fuori fuoco, come accordato un’ottava sotto. Ci aspettavamo personaggi sopra le righe e atmosfere più ruvide, invece il tono rimane sempre molto soft, controllato. Ma probabilmente va bene così: Bad Blake non è una rockstar ma una leggenda del country ed è giusto che sia così: cool as hell. E per finire lasciatemi scrivere anche questo: Jeff Bridges abides.

Crazy Heart – USA, 2009
di Scott Cooper con Jeff Bridges, Maggie Gyllenhaal, Robert Duvall, Colin Farrell
20th Century Fox – 112 min.

nelle sale dal 5 marzo 2010

PS: non sono contro il doppiaggio a priori, ma un film come questo va visto in lingua originale (da quello che ho capito nel doppiaggio italiano hanno rifatto anche le canzoni, cosa davvero senza senso).