Peter Falk non c’è più: devo dirlo a mia moglie.

Si sviluppa un rapporto strano, a volte, tra gli attori del piccolo e grande schermo e il loro pubblico. Ci sembra di conoscerli di persona, ci sembra di poter immaginare con facilità le loro reazioni, le loro emozioni. Probabilmente confondiamo l’attore-persona con i personaggi che ha interpretato. Per questo non era raro, qualche giorno fa, leggere in rete titoli e commenti che recitavano più o meno: “è morto il Tenente Colombo”.

Ma Peter Falk non era solo il Tenente con l’impermeabile frusto e il sigaro scadente, e, a dire il vero, non aveva nemmeno origini italiane come il suo celebre personaggio o come molti gangster che ha interpretato nei film degli anni 50 e 60 (Murder, Inc.).
Me lo ricordo, ad esempio, irresistibilmente divertente nel film di Frank Capra, Angeli con la pistola, per cui ricevette la nomination all’oscar. Non ha mai portato a casa la statuetta dorata, ma è quasi incredibile pensare al successo che ha ottenuto, a teatro come al cinema, pur avendo una protesi oculare, ovvero avendo subito una pesante decurtazione del più efficace strumento espressivo dell’attore. Eppure il suo sguardo leggermente sbilenco, invece di essere un impedimento, è diventato il suo segno di riconoscimento.

Quando Peter Falk ha girato l’episodio pilota di Colombo aveva già lunghi anni di carriera alle spalle. Chi sa se lui o il regista, uno Steven Spielberg quasi esordiente, avevano il minimo sentore del successo che la serie e il personaggio avrebbero riscosso.
La serie del Tenente Colombo è andata in onda regolarmente per circa sette anni (dal 71 al 78) per poi riapparire, con episodi speciali, negli anni 80 e 90 (il ritorno di Colombo).
Da che io ho memoria di programmi televisivi, Colombo c’è sempre stato. Non credo sia concepibile un’altra serie che abbia soggiornato nei palinsesti di tutto il mondo senza invecchiare mai, senza stancare mai. Ho visto ogni episodio di Colombo almeno due o tre volte. Ma se mi capita di trovarlo in tv, lo riguardo ancora. Le indagini del Tenente Colombo rappresentano anche adesso, a 40 anni di distanza, uno dei picchi più alti della serialità televisiva.

Prodotto sperimentale in tutto, dalla trama al formato, stravolse le convenzioni del racconto poliziesco mostrando immediatamente al pubblico l’identità dell’assassino e le modalità del crimine. Il gusto consisteva, quindi, nell’apprezzare come il Tenente riuscisse, con ironia e a volte un pizzico di crudeltà, a esasperare e incastrare il colpevole.
Diventato vetrina e trampolino di lancio per nuovi e promettenti registi, ogni episodio della serie è curato ammirevolmente nei minimi dettagli. Gli assassini sono interessanti e affascinanti, non solo perché appartengono spesso ad un’élite culturale, ma perché, addirittura, a volte sono più simpatici delle loro vittime.
Determinante per il successo della serie è anche il contrasto tra gli ambienti raffinatissimi in cui avvengono i delitti (ricchi magnati, stelle del cinema, medici quotati) e lo scalcinato detective incaricato di risolverli. Maldestro, imbarazzato, logorroico, divagante: la prima impressione è spesso poco lusinghiera, ma sottovalutare l’intelligenza e la tenacia di Colombo è l’ultimo errore che i criminali commettono prima di ritrovarsi in galera.

Ogni puntata è godibile nella sua originalità e presenta situazioni complesse: prestigiatori che conoscono fin troppo bene come ingannare l’attenzione, campioni di scacchi pratici di strategia, psichiatri esperti della nascente scienza della manipolazione e i primi appassionati di una tecnologia promettente ma subdola come la registrazione su VHS!

Tutti conosciamo Colombo, sua moglie e persino la sua spesa alla Coop (ve lo ricordate lo spot?) ma Peter Falk non si è fermato a Colombo. Ha continuato a recitare a teatro e al cinema, in graziose commedie e in film intensissimi come quelli girati dall’amico John Cassavetes, il talentuoso regista di origine greca.
E proprio ora che Peter Falk è scomparso è facile ricordarlo nel film di Wim Wenders sulla vita degli angeli, Il cielo sopra Berlino. In quel film Peter Falk, con intelligente ironia, interpreta se stesso, infatti lo vediamo intento a girare un episodio del Tenente Colombo. Ma, nel film, rivela di essere un angelo che ha deciso di restare sulla Terra e diventare umano.
È sciocco, lo so, ma mi piace pensare che, dopo 83 anni di vita da umano, Peter Falk sia semplicemente ritornato a casa.