Giudicate il disco dalla copertina

L’AuditoriumArte è una piccola sala all’interno dell’Auditorium di Roma, storicamente riservata a mostre “minori”.
L’ingresso è solitamente libero, ma quasi mai c’è la folla delle grandi occasioni: gli eventi sono infatti poco pubblicizzati.

L’ambiente intimo, la musica dei Velvet Underground in sottofondo e la voce disturbante, avvolgente e al contempo distaccata di Nico accompagnano l’avventore alla scoperta di oltre un centinaio di cover di vinili che hanno  fatto la storia della musica. E non solo.
L’avvento del Long playing, all’inizio degli anni ’50, ha cavalcato infatti un’inversione di tendenza sia nella concezione dell’arte, non più elitaria e rigidamente etichettabile, sia nelle abitudini di consumo, sempre più orientate dalle srategie di marketing delle grosse aziende (per lo più americane).

Siamo nell’era delle contaminazioni: il disco, al di là del contenuto squisitamente musicale, non è più un mero contenitore, ma assume lo status di “prodotto”. Come tale, l’importanza del packaging diventa fondamentale non solo per i muscisti ma anche per le case discografiche. L’arte, dal canto suo, diventa popolare: sono i controversi anni della pop art. La pubblicità diventa una vera e propria forma d’arte. Pittori, illustratori, grafici, si concedono al pubblico di massa. Nascono le prime campagne di advertising commissionate a grandi autori e, viceversa, prodotti di largo consumo influenzano autori del calibro di Andy Warhol, come è accaduto per le famose riproduzioni della Campell Soup.

L’esposizione consta di una selezione di oltre 100 dischi provenienti dalla collezione privata di Stefano Dello Schiavo: vecchi e nuovi lp -33 e 45 giri- piccoli capolavori, a volte inconsapevoli a volte furbi, che creano una suggestione impossibile da ricreare sul CD-rom.

Tra i più famosi, la cover dello scandaloso Sticky Fingers, album dei Rolling Stones del 1971, disegnata dal solito Andy Warhol, che rappresentava un paio di jeans indossati con cerniera apribile e un rigonfiamento ad altezza cavallo.

Il disco fu censurato in alcuni paesi e “customizzato” per evadere la censura, con una copertina, se si può, ancora più geniale della precedente.

E sempre lui, Warhol, firma nel 1967  l’imprescindbile  omonima opera prima dei Velvet Underground & Nico, di cui fu mentore e sostenitore: il soggetto è una banana gialla su sfondo bianco.

Icona semplice, immediata, carica di  doppi sensi, nessuna astrazione.

Nella scena british, intanto, Yoko Ono e John Lennon fanno scandalo con una serie di litografie esposte in una piccola galleria d’arte: le opere ritraggono i due in atteggiamenti sessuali quanto meno espliciti. Si narra che la burrascosa relazione tra il cantante dei Beatles e la sua musa e artista nacque proprio  in occasione della registrazione del primo album solista di John Lennon, Unfinished Music No.1 – Two Virgins, del 1968. Opera che, neanche a dirlo, fece scalpore proprio per la  copertina che ritrae i due completamente nudi e riporta in calce una criptica frase di Paul McCartney.

Per permettere la distribuzione dell’album, Yoko Ono e John Lennon acconsentirono a ricoprire il disco di un involucro che lasciava scoperto solo titolo e volti.

La provocazione, lo scandalo, la rottura dunque, ma non solo.

Robert Mapplethorpe fotografa una quieta Patti Smith, sua amante prima e compagna di vita e di morte dopo, per il suo primo album di debutto, Horses del 1975, quando ancora la fotografia non era la sua forma espressiva d’elezione.  Firmerà anche le copertine di altri dischi della cantante, tra cui Wave e Dream of Life.

Altri nomi famosi, spesso legati alla Factory di Andy Warhol: Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, ma anche il writer Jean-Michel Basquiat. Senza dimenticare Salvador Dalì, che pure ha prestato il suo genio alla musica, nella realizzazione della riconoscibilissima copertina di un disco di Jackie Gleason: Lonesome Echo.

Synchronicity
Record Covers by Artists

a cura di Raffaella Penna
AuditoriumArte, Auditorium Parco della Musica, Roma
dal 06/07/2010 al 30/07/2010
Ingresso libero