Warhol: anche un artista può affettare un salame!

Non solo zuppe, detersivi, dollari e Coca cola in tutte le miscele. Andy Warhol – collezione Rosini Gutman è una mostra che permette d’esplorare, creazioni meno note comprese, l’intera produzione dell’indiscusso padre della pop art. Pop art che sta per popolar art, ma attenzione alle sfumature di senso: arte non di popolo né popolare, ché l’equivoco non è ammesso, ma arte come espressione della cultura di massa. Warhol, da geniale creatore, illumina il presente e il futuro di un pianeta omologato e saturato dai consumi. È il solo che, dopo Picasso, abbia cambiato il modo di fare arte e di percepirla ma trasformando l’artista in rock star celebrata in tutto il mondo. A segnare la svolta epocale, l’intuizione fondamentale del genio di Pittsburgh di origini cecoslovacche: utilizzare prodotti di consumo e volti di celebrità per raffigurare, al di fuori di qualsiasi connotazione moralistica, una società mercificata e seriale e così facendo, precipitare l’arte dal piedistallo  per tramutarla in gioco e insieme categoria merceologica di sicuro profitto tra le merci. “L’arte commerciale è il passo successivo all’arte. Io ho cominciato come artista commerciale, e voglio finire come artista affarista. Dopo aver fatto quella cosa che viene detta ‘arte’, o come altro si preferisce, mi sono dedicato all’arte commerciale”, si legge nel bel catalogo dell’esposizione che si è svolta a palazzo dei Capitani di Ancona  grazie all’associazione culturale Il cretto ed è stata prorogata fino al 2 settembre per il grande successo di pubblico. Prossima tappa Aosta dove l’esposizione sarà visitabile dal 25 novembre 2011 all’11 marzo 2012 presso il Centro Saint-Bénin. Si legge ancora nel catalogo: “Volevo essere un art businessman ovvero un business artist. Esser bravo negli affari è il genere d’Arte più affascinante. Durante l’epoca hippie, la gente ha buttato a mare l’idea di far denaro, dicevano: il denaro è una brutta cosa, e lavorare è brutto, ma far denaro è Arte e lavorare è Arte e il buon business è la migliore delle Arti”. La serie di dollari firmati da Warhol in esposizione dimostra che la sua idea è stata vincente: il denaro tutto può, ma l’arte che usa le logiche di mercato, si fa beffe dell’economia e la domina. Una cartamoneta da due dollari firmata Warhol richiede non si contano quante banconote per essere comprata. Se l’arte è quella cosa che non serve a niente, l’artista la tramuta in utile dimostrando d’essere un perfetto businessman.

In mostra più di 120 opere della collezione Rosini Gutman di Riccione (collezione nata dall’incontro tra due famiglie: sodalizio sentimentale, artistico, culturale tra Deliah Gutman e Gianfranco Rosini, coniugi che hanno unito la vita e le rispettive collezioni). Pezzi unici e riproduzioni in serie altrettanti celeberrime che evidenziano la poliedricità di un inesauribile creatore capace di spaziare nei più diversi ambiti: editoria, musica, cinema. Le scatole della zuppa Campbell, quelle del detersivo Brillo, le icone della musica pop, le opere in serie realizzate con l’ausilio della tecnica serigrafica che immortalano Marylin Monroe, Mao Tse-Tung, Liza Minelli, Liz Taylor, Madonna. Poi gli originali firmati delle cover dei vinili passate alla storia: una fra tutte la copertina dei Velvet Underground con la famosa banana o le cover create per gli album dei Rolling Stones. O le copertine di testate giornalistiche come Interview. A livello cronologiche le opere più antiche risalgono al 1957, fanno parte del Gold Book, sono eccellenti prove di un giovane  disegnatore che lavora nell’editoria; l’ultima sua opera realizzata nel 1987, prima di morire a seguito di un banale operazione chirurgica, è Lenin, grande quadro  su  fondo rosso, dall’effetto quasi fluorescente.

In mezzo c’è tutto un lavoro febbrile di trent’anni, anche le cose meno conosciute: gli space fruit, i flowers, le sedie elettriche, i vulcani realizzati per una mostra a Napoli, le specie in via d’estinzione. O il fate presto del 1985, (un Warhol che regge una gigantesca prima pagina del quotidiano di Napoli, Il Mattino, che apre con il titolo “Fate presto’”) realizzato a seguito del terremoto di Napoli. Ogni opera esposta sta lì a dire l’abilità del suo artefice: creare un’opera d’arte dal nulla. Infonderle irresistibile vitalità ma insieme farla esistere in quanto canzonatura da pagare a peso d’oro. Le opere dell’ultimo periodo, dall’autoritratto al già citato Lenin, testimoniano infine un’altra abilità: restituire il senso di una personalità togliendo anziché aggiungendo, usando pochi tratti e valorizzando i vuoti. Tutto senza mai prendersi troppo sul serio: ‘Spazio sprecato è qualsiasi spazio in cui ci sia dell’arte’, disse Warhol. E a proposito di se stesso si limitò a dire: “Non sono più intelligente di quanto sembri. Se raccogliessero tutte le frasi che ho detto capirebbero che sono un idiota e la smetterebbero di farmi domande”.