Bagni d’orrore per la contessa sanguinaria

La contessa sanguinaria è un testo disarmante. Scritto nel 1965 è una crudele indagine sulla radice del male universale. Narra della storia della contessa Báthory, presunta assassina di 650 ragazze nel corso del 1600. Erzsébet Báthory, la contessa, nacque nel 1560 da una famiglia che contava tra i suoi membri i Voivodia di Transilvania. La contessa ricevette un’educazione raffinata, specialmente considerata la sua epoca e il fatto che fosse una donna: Erzsébet padroneggiava l’ungherese, il latino e il tedesco, mentre la maggior parte dei nobili dell’epoca sapeva a malapena scrivere. La giovane contessa amministrò il suo castello con una disciplina di ferro e le punizioni che infliggeva a servitori e contadini erano brutali, a dir poco. Il rimando concreto al personaggio fantastico di Dracula viene da sé. Quello che sorge meno spontaneo è, invece, il dubbio.

Alejandra Pizarnik, autrice argentina, nata nel 1936 a Avellaneda, vicino a Buenos Aires, di origine ebraica, morì suicida nel 1972. Studiò lettere, filosofia e arte e lavorò a lungo a Parigi. Tra i suoi temi preferiti ci sono la notte, il buio, l’innocenza perduta e la solitudine; ma, soprattutto, la gioia preclusa, esplorata con un linguaggio intriso di continui rimandi cupi alla sofferenza e all’addio.«Signore/La gabbia si è fatta uccello/e ha divorato le mie speranze». La Pizarnik, nota soprattutto per la sua produzione poetica, riesce a seguire un filone molto sfruttato dalla letteratura di genere horror/erotica, distanziandosi da qualsiasi tentativo di catalogazione e rendendo questa surreale vicenda unica e in equilibrio tra narrazione fantastica e realtà storica.

La contessa sanguinaria, edito dalla coraggiosa e sempre originale Playground, è la rivisitazione di un mito, per questo opera complessa e strada tortuosa da percorrere per il confronto con la realtà. Alejandra Pizarnik guida la narrazione con un ritmo che è più dell’opera poetica che della prosa, non conservandone però i tratti tipici, se non quella certa cadenza, quasi musicale, che allontana dall’immaginario di chi legge i bagni di sangue e le fanciulle sgozzate, per condurlo, invece, in un ambiente morbido e seducente che lascia l’odore molle e la scia tenue della sensualità e dell’erotismo.

Questo agile testo procede per episodi, tutti brevi, quasi flash. Illuminazioni o buio; lo stesso che rimane negli occhi dopo una foto di notte, concedendoci il tempo di chiuderli e schernirci dopo esserci esposti.

Lo sfondo è quello classico del gotico tradizionale, quindi un labirintico e drappeggiato castello pieno di anfratti bui, passaggi segreti, stanze addobbate e cantine umide, segrete e celle. Consequenziale la deduzione che le stanze insanguinate e buie siano altro da sé, che esse siano piuttosto rappresentazioni della mente della protagonista che proprio da quelle stanze, e quindi da se stessa, sarà inghiottita e uccisa. È molto difficile riportarne a larghe linee la trama, perché essa, per giustizia, dovrebbe essere assaporata nella sua completezza. Ed è ancora più difficile spiegare come ci si possa sentire vicini a questo personaggio per quanto crudele e inumano esso possa essere. Non accade spesso e, quando accade, è perché l’autore ha saputo estraniare il proprio protagonista dal conforto della caratterizzazione per renderlo originale e completo, seppur un antieroe.

Quello che lega il lettore alla storia di questa contessa sanguinaria è il desiderio, appagato nell’appendice del testo, di nutrire dubbi sulla veridicità o meno di quest’ultima.

Fin quando si resta nella narrazione, però, la lettura s’ammanta di angoscia e terrore, nessun dubbio sorge sulla veridicità degli eventi, e questo solo grazie a una vena narrativa eccellente.

Titolo: La contessa sanguinaria
Autore: Alejandra Pizarnik
Editore: Playground
Dati: 64 pp., 7,00 €

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