Neo-neorealismo persiano

Spesso è tra le difficoltà e gli ostacoli che  si trovano le risorse per dar vita a dei capolavori. È il caso occorso a Bahman Ghobadi, regista iraniano di origine curda, durante la lavorazione del suo ultimo film, I gatti persiani, girato di nascosto per le strade di Teheran con attori non professionisti.

In Iran non si può filmare senza l’autorizzazione del governo che possiede legalmente il materiale a 35 mm e vieta la distribuzione di pellicole senza il suo consenso. Sistematicamente Ghobadi questo consenso non lo ottiene ed è costretto a ingegnarsi, come i personaggi del suo film.

I protagonisti sono una coppia di ragazzi poco più che adolescenti che suonano musica indie-rock e che sono stati invitati a partecipare a un festival in Inghilterra. L’occasione è eccellente per lasciare il paese e per poter finalmente suonare la propria musica senza doversi nascondere. Per riuscirci, però, devono mettere su un gruppo che rispetti i canoni richiesti dal governo iraniano e procurarsi (al mercato nero) passaporti e visti per tutti. E allora cominciano a girare per la città in cerca di batterista, bassista, chitarrista, coriste (gradite al regime), in cerca di un posto dove provare (e magari esibirsi) e in cerca dei, costosi, documenti falsi.

I ragazzi di Teheran che indossano magliette degli Strokes e che stravedono per i Sigur Ros sono simili ai ragazzi di mezzo mondo ma più di altri ricordano la loro connazionale Satrapi di Persepolis: la musica e film che amano viaggiano per vie clandestine e loro si ritrovano a dover inventare nascondigli improbabili per ascoltare o suonare rock con i propri amici, così come per fare un viaggio a Londra sono costretti a procurarsi documenti falsi. Il loro destino è simile a quello del regista che li sta filmando: Ghobadi è stato obbligato a usare dvd illegali per far conoscere i suoi film in patria (corrompendo i poliziotti che avrebbero dovuto arrestarlo) e ha dovuto girare questo film di nascosto.

Questa urgenza, questa necessità di scendere per strada a girare, costi quel che costi e con materiali di fortuna, non può che far tornare in mente il Neorealismo italiano di Rossellini o di  Zavattini e De Sica che nell’Italia devastata dalla guerra sentivano la necessità di raccontare la vita, semplice ma eroica, della gente comune.

Riprese in esterni, in strada, mezzi di fortuna, attori non professionisti, storie comuni, ritmo: gli ingredienti ci sono tutti nel cinema di Ghobadi e ci sono sempre stati, fin dal suo brillante esordio Life in fog, premiato cortometraggio che si trasformò poi nel suo splendido film d’esordio Il tempo dei cavalli ubriachi (che gli valse un posto d’assistente a Kiarostami, maestro del cinema iraniano).

I gatti persiani sarà certamente una bella sorpresa per chi da un film iraniano di stampo realista si aspetta un film lento e impegnativo: invece è pieno di ritmo e di vitalità; parla con immediatezza di ragazzi, di musica e di libertà. È un film fresco, vero. Grazie a Ghobadi e a I gatti persiani ci siamo ricordati di quello che il cinema potrebbe davvero essere, senza trucchi e senza retorica: onesto.

I gatti persiani (Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh) -IRAN, 2009
di Bahman Ghobadi
con Negar Shaghaghi, Ashkan Koohzad
BIM – 106 min.

nelle sale dal 16 aprile 2010