“Doppio misto” di terrore

È Halloween: la notte delle streghe, dei fantasmi, dei lupi mannari, dei morti viventi, dei vampiri. Anzi, no:  i vampiri ormai è più facile incontrarli a San Valentino.
È la notte in cui gli spiriti inquieti vagano sulla Terra, e i loro poteri sono più forti e subdoli. Come celebrare degnamente una così fosca ricorrenza se non con una festa in maschera? Abbiamo scartato il costume da teschio (troppo abusato!) e quello da medico assassino (troppo scontato!), e la nostra scelta è caduta su una parrucca da Zio Tibia. Ci rimiriamo un’ultima volta allo specchio, congratulandoci con noi stessi per il buon gusto, poi usciamo di casa. Mettiamo in moto la macchina e impostiamo l’indirizzo sul navigatore. Non ci siamo mai stati prima, ma non dovremmo metterci troppo tempo.

Perfetto: un violento temporale si avvicina. Sarà l’ultimo tocco, offerto da Madre Natura in persona, per rendere spaventosa la nostra mascherata. Ridiamo soddisfatti pensando al nostro ingresso in scena illuminato dalla tetra luce di un lampo all’orizzonte.
Ridiamo un po’ meno quando la nostra auto si ferma nel bel mezzo di una strada deserta. Qualche imprecazione esce dalla nostra bocca, solitamente più conciliante. Niente, non vuol saperne di rimettersi in moto. Non ci resta che chiamare il soccorso stradale. Per fortuna il cellulare prende la linea.
Purtroppo, però, scopriamo che quasi tutti gli impiegati sono ad una festa di Halloween aziendale e che, quindi, verranno a prenderci appena possibile, ma non sanno esattamente quando.
Dobbiamo confessare che i nostri sentimenti nei confronti di questa ricorrenza hanno subito una radicale metamorfosi. Ma chi ha avuto la stupida idea di una festa in maschera?
Ci togliamo la parrucca e accendiamo la luce interna della macchina. Che fare? Come ingannare il tempo?

Per nostra fortuna sul sedile posteriore della macchina ritroviamo un libro che non abbiamo ancora letto. Sembra anche l’argomento adatto: due racconti di Joseph Sheridan Le Fanu, pubblicati da Gargoyle. Poteva andare peggio, almeno possiamo leggere un buon libro!
Si tratta di due racconti autonomi. Il primo, L’ospite maligno, è piuttosto cupo. Ricorda, per temi e stile, la storia de Lo zio Silas di cui abbiamo già letto una recensione da qualche parte. Anche qui ci sono una perfida istitutrice francese (che Le Fanu abbia subito qualche irreparabile torto da parte di questa categoria sociale?) e degli inconfessabili segreti di famiglia. Ma la vicenda, in questo caso, è ancora più torbida. Omicidio, adulterio e ricatto legano tra loro i personaggi della storia.
La trama non è particolarmente incalzante, ma colpisce per alcuni tocchi di assoluta modernità tanto nell’espressione quanto nei temi. Per coltivare il divario di informazioni tra i personaggi (e tra i personaggi e il lettore) Le Fanu adotta strategie narrative che, dopo di lui, solo i migliori registi saranno in grado di usare con altrettanta grazia. Potremmo quasi dire che Le Fanu sperimenti, con una certa genialità, il concetto di «fuori scena» e «fuori campo» nell’ambito del racconto verbale.
Forse, però, l’aspetto di questa storia che ci colpisce di più è un altro ancora. In un’epoca in cui la mente dell’uomo era un meccanismo completamente misterioso (più di quanto lo sia adesso!) e la psicoanalisi era ancora molto in là da venire, l’autore mostra una sconcertante padronanza della patologia mentale e delle sue manifestazioni. Se consideriamo che negli anni in cui scrive Le Fanu le cure psichiatriche si limitavano alla reclusione – se non alla vera e proprio tortura – la sua capacità di conferire forma narrativa ai disturbi della personalità è rivelatrice non solo del suo talento letterario ma anche di un animo dotato di rara acutezza e sensibilità.
Forse non era il racconto adatto da leggere mentre siamo soli, chiusi in macchina, e dei sinistri lampi squarciano l’orizzonte.

Ma la lettura ci ha appassionati, vogliamo provare il secondo racconto, La stanza al Dragon Volant.
Se la prima storia è tetra e seriosa, la seconda sembra quasi scritta da un’altra mano. Narrata in prima persona da un protagonista ingenuo e scapestrato dall’irresistibile simpatia, l’intera vicenda prende uno scoppiettante carattere quasi comico.

È ammirevole notare come Le Fanu padroneggi il genere al punto da comporre due storie, altrettanto spaventose, ma così diverse per stile e atmosfera.
Con una levità nel raccontare il dramma di cui persino Dickens avrebbe potuto essere fiero, Le Fanu narra le avventure di un giovane, inesperto ma idealista, nobile inglese in vacanza a Parigi. Al ragazzo capita, in principio, ciò che dovrebbe capitare a ogni giovane uomo in vacanza a Parigi: si innamora. Ad avergli spezzato il cuore è una misteriosa e infelice – quanto bellissima – contessa, sposata, suo malgrado, ad un uomo anziano e tirannico.
La storia è davvero gustosa e si trasforma, inaspettatamente, in un omaggio insolito ad uno dei temi prediletti delle storie dell’orrore. Ma, naturalmente, non diremo di quale si tratta, perché la sua comparsa è una sorpresa davvero ben preparata, che raccoglie numerosi indizi sparsi nel testo in maniera apparentemente casuale e ridà loro senso e funzione.
Peccato che questo efficacissimo colpo di scena fosse anticipato nel risvolto di copertina. Consiglieremo a tutti i nostri amici di ignorare le informazioni editoriali almeno finché non avranno letto il libro per intero.
Se la prima storia richiedeva una certa dedizione per portarne a termine la lettura, la seconda è volata via in un soffio e non ci siamo nemmeno accorti di quanto tempo sia trascorso leggendola.
Intanto, un po’ più in là, vediamo una luce puntare dritta verso di noi e avvicinarsi.
Meno male! Saranno quelli del soccorso stradale che vengono a salvarci.

O forse no?

Spaventoso Halloween a tutti.

AUTORE: Joseph Sheridan Le Fanu
TITOLO: L’ospite maligno/La stanza al Dragon Volant
EDITORE: Gargoyle
DATI: 2009, pp 306, 16,00 €

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