L’odore di chiuso delle ricche stanze di una nobiltà decadente non proviene dalle cucine

Distante per ambientazione dalla serie dei vecchietti del BarLume (edita sempre da Sellerio), Odore di chiuso conserva l’umorismo insolente e l’ingegnosità dell’intreccio di Marco Malvaldi. Nel castello del barone Bonaiuti, incastonato in una Maremma toscana che ricorda certe brughiere di sapore anglosassone, vicino alla Bolgheri di Giosuè Carducci (il tanto agognato ospite di uno dei figli del barone, aspirante poeta) arriva un venerdì di giugno del 1895 l’ingombrante e baffuto Pellegrino Artusi.

Gli ospiti (male assortiti ma tratteggiati con divertito sarcasmo da Malvaldi, non nuovo a questo genere di approccio) attendono l’arrivo di quello che sanno essere un letterato con l’ansia di chi sa che un tale evento in qualche modo scuoterà la molle routine del castello; lo precede la fama del suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, il celebre manuale culinario, primo del genere, con cui ha inventato la tradizione gastronomica italiana. Leggendo, sento anch’io quella curiosità. Malvaldi sa trascinarmi in quel vortice frammisto d’attesa, pettegolezzo, aspettativa e curiosità di cui sono preda gli ospiti in attesa: che aspetto avrà Pellegrino Artusi, come mai è in visita al castello, in che rapporti è col suo ospite, il conte padre?

La mia curiosità, però, non è nulla se confrontata con quella del manipolo di anime che popolano il giardino facendo niente, rimango in disparte e sono anche abbastanza contenta di non essere tra loro, sia per la mediocrità della compagnia, sia per essere così al riparo dalle staffilate contemporanee (molto divertenti) che l’autore riserva alle sue creature ottocentesche. Di Gaddo, aspirante e vago poeta in agognante attesa del Carducci ho già detto: gli fa da contraltare il fratello, Lapo, sciupafemmine e frequentatore di bordelli, sempre a caccia di servette e contadine, convinto che L’Artusi abbia con il padre un rapporto di debito; mosca bianca Cecilia, ragazza intelligente e spiritosa relegata però a far compagnia alla nonna, baronessa ingombrante per carattere e mole. Oltre ai nobili in odor di decadenza, il crocchio in attesa si compone dalle due, immancabili, zie zitelle, dalla dama di compagnia della baronessa Speranza e da un fotografo professionista, tale Ciceri. Nel castello il maggiordomo Teodoro, e l’avvenente cameriera Agatina.

E sopra a tutti la brusca e geniale cuoca. Perché è vero, Odore di chiuso è un giallo, ci sarà una vittima e, chiaramente un carnefice; un giallo ben congegnato la cui risoluzione non è banale e si fonda su elementi che dell’indagine amplificano il fascino e la difficoltà: saper riconosce gli odori, saper osservare, riflettere con pazienza e metodo, considerare gli elementi a disposizione oltreché gli animi umani. Dicevo, è un bel giallo; ma le pagine che tra tutte ho più apprezzato sono state proprio quelle che hanno visto come protagonisti la suddetta cuoca, i suoi manicaretti (e la loro preparazione) e l’Artusi, smanioso e attento nell’appuntare procedimenti e ingredienti, quantità e indicazioni. C’è un pasticcio di tonno che per la sua composizione fa strabuzzare gli occhi al nostro cuoco: gli ingredienti che lo compongono sembrano del tutto estranei gli uni con gli altri, però il risultato è tale e tanto da essere gustato (più volte). Il pasticcio di tonno è una ricetta all’uso zingaro, che Malvaldi riporta in coda al testo e che non trova spazio nel ricettario. Delle ricette dell’Artusi, invece, ne viene ricordata una ricetta medicamentosa: Il brodo per gli ammalati. Vado a spulciare la mia copia de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene e non fatico a trovarla tra i brodi, le gelatine e i sughi.

Come in tutte le ricette dell’Artusi, c’è un dettaglio che mi induce a prepararla, anche se non m’affligge nessuna influenza: “coprite il tegame con un piatto che lo chiuda e sul quale sia mantenuta sempre dell’acqua…”; a parte gli ingredienti di questa come di altre ricette, quello che rende il ricettario un testo godibile penso sia tra le ragioni che hanno indotto Malvaldi a fare dell’Artusi il protagonista di Odore di chiuso: una lingua attenta e limpida, un piglio pratico e deciso, un’attenzione ai dettagli (non a caso si parla di “scienza”) e un approccio arguto alla cucina e alle contingenze.

Titolo: Odore di chiuso
Autore: Marco Malvaldi
Editore: Sellerio
Dati: 2011, 208 pp., 13,00 €

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